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Diario di bordo

Diario di bordo – Cima del Brenta

Le nuvole in montagna giocano brutti scherzi. Dopo una giornata di sole, scendono lente, avvolgono l’orizzonte, lo spazio più prossimo: aspettare che le Dolomiti si tingano di rosa sarà un’illusione. Sono circa le sei di sera del secondo sabato di settembre che sta per concludersi dopo molte ore di trekking che da Madonna di Campiglio, tra abetaie e dolomia levigatissima e massi morenici, ne ha sancito la partenza. Alle spalle ci sono il Grostè, di fronte  le alpi Retiche dell’Adamello.

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Proprio quelle nuvole non hanno precluso il cielo stellato più bello di sempre, come nei migliori sogni o mappe astrali. Puntini luminosi, fittissimi, tra le cime del Brenta. Percepire l’indefinito e l’infinito. Un certo disorientamento ti assale, per una geografia naturale che scardina le abitudinarie e asettiche leggi artificiali del contesto urbano. Sono momenti da custodire gelosamente, per non lasciarsi tentare dall’imperante condivisione digitale (il risultato non sarà un granché).

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Quota 2272 metri.
Una sottile luce dorata e azzurrina lentamente svela al mattino le vette, come in una cartolina, dal rifugio Tuckett. Capisci che la mutevolezza atmosferica a volte si chiama fortuna. Perché questa volta è opportuno definirla così.

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Alle prime ore del giorno il cielo è pulito, l’aria piuttosto frizzante. Si lasciano le aguzze e quasi nivee cime del Brenta – che nei momenti di scarsa luminosità palesano tutta la loro durezza – per seguire il sentiero che apre al verde intenso di prati e sporadici abeti, infittirsi sempre più appena le rocce si diradano per lasciare il passo alla freschezza di boschi aromatici in prossimità del rifugio Casinei. Scenette da Heidi e nonno, popolate il giorno precedente da due affettuose mucche e tre bovari bernesi a far amicizia in cammbio di viveri.
E poi giù verso il Sentiero dell’Orso, simbolo e presenza di questi luoghi, per ammirare le inaspettate Cascate Alte di Vallesinella, sorgenti del Sarca. Lo scroscio dell’acqua tra le insenature della roccia: gli occhi rincorrono questo gioco, si perdono, si sorprendono.

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Che si tratti di altezze maestose, di prati fioriti o mari cristallini ogni volta è una sorpresa, nonostante il cammino comporti una certa dose di fatica e volontà. La riappacificazione con quanto di inedito e originario è sicuramento legato a urgenze ecologiche, di ripulirsi dalla tossicità sociale: «la natura appare infatti come l’ultima delle religioni. […] Il desiderio di paesaggio è fenomeno ricorrente» dichiara Michael Jakob, studioso di teoria del paesaggio, in un’intervista a Marco Belpoliti, per diventare un vero e proprio incontro.

Siamo partiti in trenta circa, in quei viaggi aziendali che sanno tanto di Fantozzi a Courmayer, conservando una certa dignità perduta nelle vacanze di Natale a Cortina degli anni ’80.

E niente anche questa faccia del Trentino non è assolutamente male.

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INFORMAZIONI UTILI

Rifugi:

Graffer
Tuckett e Sella
Casinei

Sentieri percorsi:

Da Campo Carlo Magno n.334 con deviazione malga Vaglianella in direzione rifugio Graffer; poi n.331 e 316 alla base dei massicci del Grosté e del torrione di Vallesinella per raggiungere il rifugio Tuckettt.
Dal rifugio Tuckett sentieri n. 328 e 318, che porta al rifugio Casinei e proseguire sul 317bis in direzione delle sorgenti del Sarca in Vallesinella, fino a raggiungere Palù.