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Fuori dai libri

Benedetti siano i mercatini

Martedì. Oggi è giorno di mercatino dell’antiquariato in Piazza Ghiaia. Dalle 9 alle 19. In una zona centrale della città. Parlo di Parma.
Non vado, altrimenti starei a comprare libri come al solito. E attualmente non avendo una libreria finirebbero nell’ennesimo scatolone fatto arrivare in casa per l’occorrenza, non ho più idea di ciò che possiedo.
Partito in sordina qualche anno fa, ora gode di un discreto richiamo nonostante il giorno infrasettimanale. Il mercatino in questione è un’accozzaglia di antiquariato e modernariato e libri. Non è così ovvio trovarli, spesso ridotti a poche copie, come accade nei piccoli centri che puntano per lo più all’arredamento e al vestiario.
Qui c’è una buona possibilità di banchi librari. Si va dalle vecchie edizioni alle recenti, pecca la presenza del collezionismo di libri antichi. Onestamente è il settore che non mi desta la mia curiosità.

È inutile presentarsi con delle aspettative, non si tratta di una libreria, ma piuttosto bisogna puntare sulla fortuna, ogni tanto dà una mano, o sull’ispirazione. A tal proposito sarebbe interessante mappare i mercatini dell’usato mensili o settimanali per i lettori appassionati.
Le sezioni più fornite sono gli italiani e gli americani dei maggiori editori: classici moderni senza tempo. Di Pavese possiedo una buona parte delle sue storie, quali La luna e i falò, Ferie d’agosto, i Racconti.
Un giorno particolarmente fortunato mi sono trovata in mano Elsa Morante, con Lo scialle andaluso e Aracoeli, e Natalia Ginzburg, con Cinque romanzi brevi: tre Supercoralli Einaudi per 10 euro in totale.
Si è trattato di fortuna, le autrici italiane sono quelle più difficili da scovare. Poi ho preso qualche Calvino e qualche edizioni degli anni 70-80 di letteratura infantile. Devo approfondire inoltre i napoletani che stimo moltissimo.
Ultimamente Rigoni Stern è il capriccio del periodo, dopo essere stata folgorata da Inverni lontani. Di lui ho, sempre nel famoso scatolone, Uomini, boschi e api.
Per darmi una regolata dall’acquisto compulsivo l’ho prefissato come appuntamento mensile, evito persino di percorrere strade che in qualche modo potrebbero avvinarsi alla zona, altrimenti mi troverei costantemente in uno stato bulimico e di estraniazione. Un pomeriggio presa dall’emozione di aver trovato Rigoni ho dimenticato il portadocumenti sul banco.

Fino a qualche anno fa non li consideravo per pura diffidenza. Di quello si trattava. Non sopportavo l’idea delle pagine ingiallite, della copertina non proprio integra. Sono sempre stata amante dell’immacolato, ma non del privilegio di essere la prima a leggere un libro, quello no altrimenti non avrei mai abusato della biblioteca, che ha vissuto i suoi momenti di latitanza per quel mio principio che mi teneva lontana dall’usato, perché spesso mi asserragliava il pensiero: se poi questa lettura mi piace così tanto?
Per la necessità di economizzare ne ho fatto una virtù: il risparmio non è indifferente, con poche monete si possono scovare titoli degni di nota come per esempio un Hemingway in Einaudi a 1 euro. Inoltre la cura delle vecchie edizioni economiche, intendiamoci quelle degli anni 60 delle uscite settimanali della Mondadori, con tanto di apparati critici e biografici, aspetti rari per quelle correnti.
E poi la vita che vi è passata su quei fogli attraverso le dediche, gli appunti e persino le liste della spesa. Mi è capitato anche questo nella raccolta dei racconti di Pavese: pane, pasta, riso con relativo costo.

Benedetti siano i mercatini!

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