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Fuori dai libri

Edizioni Precarie, tra mercati e carta

Non vi dico qualche volte avrò guardato il video di Repubblica su Edizioni Precarie, forse un centinaio. E ogni volta mi incantano le immagini, le parole come se non le avessi mai viste né sentite.

Carmela Dacchille, palermitana d’adozione, è un architetto che ha vissuto un po’ di qua e un po’ di là prima di decidere che la sua prossima città fosse bagnata dal mare. È lei l’anima di questo progetto.
Spesso le migliori idee nascono nei momenti di noia, arrivano senza troppa fatica, scivolano su qualche foglio bianco, sembrano follie. Edizione Precarie è una realtà speciale, una casa editrice e una tipografia. Edizione Precarie sono quaderni, segnalibri, busta da lettere, conservano parole e memoria. Edizione Precarie sono le carte della pescheria, della carne, dei salumi, carte alimentari che provengono dai mercati storici di Palermo, che creano storie reali e fantasiose al tempo stesso. Edizioni Precarie dà una seconda possibilità a ciò che sta scomparendo, i mercati appunto.
La ruvidezza della carta si contrappone all’eleganza delle intenzioni: i fogli bianchi dei CARNEt de Reves custodiscono i sogni, i Devinettes nascondono all’interno pagine rosa mentre la copertina vi introduce nel divertente mondo degli indovinelli.
Carmela ha gentilmente risposto alle mie curiosità e spero di aver suscitato qualche in voi qualche interesse. La ringrazio moltissimo per avermi dedicato momenti preziosi e belle riflessioni da ricordare. Le ho già riferito che per me è un bell’esempio di coraggio e creatività in tempi in cui le parole sono vuote e non corrispondono a fatti concreti. Forza Carmela, ti sosterrò sempre!

Come nascono Edizioni precarie e i quaderni con la carta della Vucciria?
La genesi delle Edizioni Precarie è molto semplice, è bastato passeggiare per i mercati storici di Palermo, osservare i colori e le forme, i movimenti rapidi dei venditori, annusare l’aria e poi prendere in mano i pacchetti con dentro la frutta, il pane, i formaggi per pensare:- Questa storia va raccontata e va raccontata proprio con questa carta. E così è nata Edizioni Precarie.

I tuoi quaderni ospitano storie, come avviene la scelta di autori e/o storie?

Per ora i quaderni ospitano degli spunti di storia, dei pretesti per cominciare un nuovo racconto da parte di chi li adotta, o per evocare racconti che vengono dal passato e che persistono nella quotidianità delle strade del centro storico di Palermo. All’interno o in copertina ci sono indovinelli in siciliano o racconti legati al mare, stampe di sirene o sacchettini di carta con la calia e la semenza (ceci tostati e semi di zucca) e poi ogni quaderno custodisce una foto con un dettaglio del mercato. Piccoli indizi per costruire la storia e poi le carte ognuna dal carattere diverso, quella spessa col pesce spada e il polpo, quella rosa patinata per la rosticceria e quella cerata e soffice al tatto che contiene la carne.
Qual è lo spazio occupato dalle storie e dai fogli bianchi?
I quaderni delle Edizioni Precarie sono quindi più vuoti che pieni perché è la materia stessa di cui sono fatti che evoca e ricorda il mondo da cui provengono. Il vuoto è solo un vuoto di parole, siamo abituati a racconti verbali, in questo caso il racconto avviene attraverso la carta che con le sue stampe e con i suoi dettagli di colore e trama rimanda alla ritualità del mercato di Palermo dove la carta si avvolge a forma di coppo e all’interno scivolano i cibi che vengono poi trasportati a casa. Insomma sono come dei libri senza parole. Ad esempio la carta per la carne mi ha suggerito i CARNEt de Reves, i taccuini dei sogni, perché anche se nasce per contenere la carne è così bianca e candida che diventa perfetto contenitore dell’onirico. Insomma un po’ quaderni, un po’ libri.
I criteri di selezione delle tue carte? Se affezionata a qualcuna in particolare e perché?
Ogni carta racconta un piccolo mondo, quello dei venditori di frutta o quello dei venditori di olive, il panettiere o il salumiere, perché più o meno ognuno ha una sua carta e usa solo quella e quindi, per esempio, per realizzare gli Erbacciari (quaderni nati per custodire le erbacce) utilizzo rigorosamente la carta della frutta ruvida e porosa intervallata dalla più sottile carta per il pane, perché se possono conservare le verdure potranno pure conservare le erbe spontanee trovate in giro. Sono affezionata alle carte che uso da un po’ e che mi hanno suggerito la nascita di alcuni quaderni però sono curiosa e sempre alla ricerca di nuove carte che custodisco e colleziono con cura.
C’è un legame tra la grafica delle carte e le storie ospitate tra le pagine?
C’è sempre un legame e un filo conduttore tra la grafica delle carte e le storie ospitate tra le pagine dei quaderni. Le carte suggeriscono il tipo di quaderno e, ad esempio, la carta con i pesci della pescheria diventa copertina per il quaderno-libro “Cunto di Mare”, un taccuino con all’interno un racconto della tradizione orale, selezionato dal Centro Fiaba e Narrazione che è nato a Palermo grazie al lavoro di Alberto Nicolino, accompagnato da un’illustrazione nata dalla fantasia esplosiva di Nina Melan.
Il concetto di precarietà è alla base della tua linea creativa ed è estendibile al mondo editoriale (passaggio cartaceo/digitale), non credi  di andare controcorrente, cioè proponi edizioni cartacee quando si sta puntando al digitale?
La precarietà è sicuramente estendibile al mondo editoriale, io direi che è estendibile al mondo materiale. Se ci consideriamo in costante mutazione e se consideriamo che il cambiamento è, anche, frutto di perdita del vecchio per giungere ad altro allora tutto si può dire precario. Però, la precarietà intesa come cambiamento non è necessariamente negativa e i cambiamenti che sta vivendo l’editoria, il libro e le librerie non sono necessariamente negativi se vengono vissuti e affrontati in maniera consapevole e critica, ossia se si interviene in maniera attiva e propositiva per direzionarli, per determinarli. Sicuramente prendendo come posizione quella dell’utilizzo della carta, dell’utilizzo dell’oggetto che si può sfogliare e si può scrivere e si può leggere non si rifiutano le nuove strade ma si cerca di essere testimoni e di documentare questo momento precario, momento di passaggio, di trasformazione dell’editoria, pensando che nel passaggio non può esserci una netta rottura con il racconto di ciò che esisteva ed esiste, un passato recente che va comunque ricordato. Come spunto di riflessione, a tal proposito, consiglio la lettura di un testo scritto  da Diletta Colombo e pubblicato su DoppioZero dal titolo “Post-digital print”.Palermo culturalmente com’è? Come ti ha accolta?
Palermo è stata da poco battezzata la capitale della precarietà, si dice che Berlino è morta e che il suo posto sarà preso da Palermo. Io non vivo da tanto tempo qui a Palermo e a Berlino ci sono stata solo in vacanza, non so se queste definizioni siano fondate, certo è che queste definizioni sono state date. Per me, Palermo all’inizio ha significato sicuramente precarietà intesa come possibilità di cambiamento, di sperimentazione. Oggi, dopo cinque anni, mi rendo conto che Palermo rappresenta anche la precarietà intesa come instabilità e quindi insicurezza, mi viene in mente l’immagine del palazzo crollato davanti alla mia finestra nel centro storico. Questa sensazione di precarietà può generare movimento verso l’esterno, ossia la fuga in altre città o altri paesi oppure movimento interno. Esperimenti e invenzioni qui se ne fanno parecchi, alcune volte durano poco, altre lasciano il segno. Sicuramente qui a Palermo ci sono realtà che culturalmente lasciano il segno e generano movimento e per giunta sono facilmente accessibili (economicamente e geograficamente), non posso dire popolari perché in realtà è solo una cerchia di persone che ha il desiderio di fruirne, bisognerebbe allargare la cerchia e in realtà ci sono progetti e gruppi che ci provano. Ho visto nascere Festival, co-working, spazi di cultura autogestiti, librerie occupate, giardini condivisi. Questo fa di Palermo una città viva, in trasformazione, che determina il suo cambiamento, direi, una città attivamente precaria.

Il futuro di Edizioni Precarie?

Lasciamo un po’ di suspense e non diciamo niente, nonostante sia stato tutto già programmato nei minimi dettagli. Non è vero, non ci chiameremmo Edizioni Precarie!Su Edizioni Precarie trovate tutte le informazioni su questo progetto.

Credits: Edizioni Precarie