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Fuori dai libri

Paterson

Raramente mi capita di parlare di film, persino quando riguardano la letteratura, sia perché non sono una cinefila sia perché non saprei mi perderei in cose strettamente tecniche – luci, montaggio, recitazione, etc. Ho pensato molto, a visione terminata, se dar spazio a un momento cinematografico sul blog, prendetela come una segnalazione, senza alcuna pretesa critica o altro. Semplicemente un film interessante da considerare.

La scorsa settimana mi sono concessa una serata al cinema per Paterson, nelle sale sul finire di dicembre, un film di Jim Jarmusch e interpretato da Adam Driver. Consiglio di vederlo in lingua originale per non perdere spessore e sensualità.

Paterson, un giovane autista di autobus, vive nell’omonima cittadina del New Jersey – che fa da sfondo al monumentale poema di William Carlos Williams, suo poeta preferito –, insieme a un inquieta fidanzata, Laura (Golshifteh Farahani), alla ricerca della propria strada e sempre pronta a scovarne una nuova, e al dispettoso quanto geloso cane, Marvin. In qualche modo i due si sostengono a vicenda, improvvisano sogni, suggellano promesse.
Il ragazzo coltiva la passione per la poesia, i dettagli quotidiani animano nei suoi versi. Anche una semplice scatola di fiammiferi, Ohio Blue Tip, può scatenare un vortice di corrispondenze.
L’occhio dello spettatore segue la coppia e soprattutto Paterson – che con determinazione si tiene lontano dal mondo contemporaneo iperconnesso – dall’alba fino alla consueta birra in un locale vicino casa. Sette giorni più un risveglio. Insomma la normalità.
Scrive Paterson su un taccuino (quasi) segreto; scrive nei momenti liberi, prima di iniziare a guidare, in pausa pranzo, a ritorno dal lavoro in garage.
All’improvviso i toni si fanno cupi, introducono al momento della creazione, del pensiero, dell’ispirazione che fluisce sulla carta o nella mente di Paterson. Il tempo si ferma. La colonna sonora e la voce dell’attore sottolineano l’estraniarsi dal mondo circostante.

Le poesie sono di Ron Padgett, cantore americano della New York School, composte proprio per il film. Breve parentesi: lo scrittore ha curato la prefazione per Autoritratto di Joe Brainard, edito in Italia da Lindau.

Mi permetto di spiattellare un po’ di più della trama. Non succede nulla, nella sua dimensione minimalista – conversazioni e contesto compresi – il film trae la sua forza. A mio avviso, oltre che essere la firma del registra, è una chiave di lettura chiara che vuole enfatizzare la qualità principe della poesia, la sua essenzialità.
Il film pone sulla scena un poeta anonimo, non celebra alcuna personalità nota come spesso è accaduto nella storia cinematografica. Paterson compone senza la necessità di essere pubblicato; aspira a trovare un momento per sé, senza consumarsi in percorsi arzigogolati: la letteratura nasce dall’ordinario, supera gli ostacoli – se è giusto il termine – di autorigenerarsi.

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