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Fuori dai libri

#SalTo14 – Incontri

Con il secondo appuntamento concludo la mia cronaca del Salone del libro di Torino e questa volta parliamo degli incontri a cui ho partecipato. Gli eventi in programma sono moltissimi ed è difficile seguirli anche perché bisogna affrontare la fila di quelli più importanti.

Come ho scritto nel precedente post, ho trascorso il pomeriggio a prendere appunti. Infatti, alle dieci di sera avrei voluto spalmarmi sul pavimento di un padiglione qualunque. Ho perso (ahimè!) Diritto d’autore per Self-Publisher e Blogger, l’evento che mi premeva di più seguire.

Iniziamo con il primo. Alle tre al Caffè letterario Chiara Valerio dialogava con Walter Siti. Di questa autrice ho letto La gioia piccola d’esser quasi salvi ed ero carica di aspettative. C’erano tutte le premesse per un incontro piacevole: due scrittori anagraficamente lontani e scritture differenti. Bene, vi dico solo che non ho capito nulla o meglio poco. La Valerio, probabilmente per la sua formazione, usa un linguaggio filosofico-scientifico che non si addiceva ad un pubblico eterogeneo. È stato buffo vedere la scrittrice parlare concitata e Siti così pacato. E il povero Walter si è dovuto adeguare pur riuscendo a mantenere la semplicità delle parole. Il tema era interessante: l’ossessione nei loro due libri, Almanacco del giorno prima e Exit strategy. I due concordavano sull’opinione che l’ossessione non fosse innata, dovuta ad una mancanza per soddisfare l’immaginazione. E da qui non ho seguito più. Solo al termine dell’incontro si è accennato ai due romanzi. Scusate la brevità, ma non sono riuscita a prendere appunti.

All’incontro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo ci sono finita per caso perché non mi ero organizzata per quell’ora: avevo già fatto il giro degli stand ed ero in attesa dell’incontro di Masterpiece. Certamente, è stato illuminante e non propriamente letterario, anche se riguardava la presentazione de Se muore il Sud.
Chi ha visto e ascoltato Stella conosce bene il suo modo di esporre, pungente e spiritoso. Per Stella è insensato continuare raccontarsi una storia addomesticata, evidenziando fin dall’inizio che esistono due verità: il Sud non è industrializzato e il Nord ha derubato il Sud. Due mondi lontani ma vicini per differenze di infrastrutture, alfabetizzazione, di formazione, di occupazione femminile, di uso dei fondi europei. Insomma, una storia lunga un secolo e più mai mutata. C’è un aspetto che lega il Nord al Meridione: l’alleanza con la criminalità organizzata che interessa i grandi eventi e l’imprenditoria. Sono stati smentiti tutti i cliché leghisti e sottolineato come il Nord soccomberebbe se il Sud non acquistasse beni per migliaia e migliaia di euro. Il punto debole del Sud è una classe politica occupata a fare i propri interessi – ne sono testimonianza gli stipendi esagerati – a dispetto dell’interesse comune. L’intervento era corredato da una serie di pertinenti slide (tanto in voga in questo momento) e di esempi positivi che hanno alleggerito e chiuso l’argomento.
Alle 18,30 è stata la volta della presentazione di Vita migliore di Nikola Savic e La distanza da Helsinki di Raffaella Silvestri, occasione ghiotta per parlare di Masterpiece. Anche fin troppo. E sì, perché a mio avviso è stato tolto spazio ai due autori per discutere sulla riuscita o meno del programma. Sicuramente i due libri andavano contestualizzati, ma dibattere per mezz’ora ha levato spazio ai due giovani autori.
A questo evento c’erano tutti: Annamaria Catricalà, Laura Donnini, Luigi De Siervo, Alessandro Lostia, Lorenzo Mieli, Elisabetta Sgarbi e Andrea Vianello. E chi più ne ha più ne metta!
Masterpiece ha esordito con un fardello di giudizi negativi: la scrittura in televisione non avrebbe funzionato ma la scommessa è stata vinta. Come ha sostenuto Andrea De Carlo: «credo che qualunque modo di raggiungere i lettori sia interessante».
Per Giancarlo De Cataldo è stata un’esperienza divertente, mai critico nei confronti della televisione e del popolare. La portata innovativa rispetto agli altri talent è l’atto creativo non riproduttivo.
Su questo siamo tutti d’accordo: Masterpiece ha creato una situazione non convenzionale di ricerca di nuovi scrittori. Chissà se ci sarà una seconda edizione?!?
Nikola Savic ha mostrato durante l’incontro un certo umorismo che dalla trasmissione non traspariva. Ha rivelato candidamente: «è stato tutto miele perché ho vinto».
Per Raffaella Silvestri è stata un’esperienza difficile: «ho combattuto contro molte parti di me», si è scoperta meno competitiva.
In sala, ho notato la sfacciataggine, sapientemente mascherata con risate e battute sottili, di Massimo Coppola nei confronti della Silvestri: ma qual è il senso? A me è sembrato poco elegante, soprattutto perché si trattava di una presentazione pubblica.
Comunque, mi hanno incuriosita molto i due titoli proposti e certamente la lettura degli estratti ha focalizzato la mia attenzione. Intatto leggo La distanza da Helsinki
Sapete quanto tempo ho atteso per Ridere in giallo? Circa 40 minuti! Perché l’evento precedente era ancora in corso. Attesa che ho riempito chiacchierando amabilmente con i miei vicini di coda e bevendo quattro Yakult (!!), ma non ho intenzione di far pubblicità.
Marco Malvaldi, Antonio Manzini e Alessandro Robecchi hanno dialogato con Enrica Brocardo, giornalista di Vanity Fair. All’appello mancava solo Francesco Recami. Sono autori Sellerio accomunati dallo stesso genere letterario, il giallo appunto.
È stata una spassosa e piacevole chiacchierata, che ha visto come protagonisti gli scrittori e i loro libri e caratterizzata anche da numerosi aneddoti privati.
L’ambientazione delinea il loro racconto. Nel paese dello scrittore pisano vige la rozzezza e la scarsa privacy ecco perché i suoi gialli mancano di molte informazioni. Il vicequestore Rocco Schiavone di Manzini arriva ad Aosta con le Clarks, è impreparato fisicamente e psicologicamente. E non se le toglierà per non dimenticare le sue origini romane e la sua ottusità.
Robecchi parla, invece, di una Milano lontana dai luoghi comuni, in cui si incrociano modi vivere e pensare dissimili.
L’ultima domanda verteva sulla reperibilità delle informazioni tecniche e non. Malvadi tenta di fregare il lettore, sfrutta le conoscenze acquisite per risultare vincitore. Manzini si documenta anche attraverso gente che non conosce, spesso però lascia all’invenzione. Robecchi cerca di fare attenzione agli indirizzi per non essere richiamato dal lettore.
Sappiate che Malvadi nei suoi libri si vendica delle angherie subite, passate e presenti.
Quest’incontro mi ha strappato molte risate: non avrei mai detto che questi scrittori fossero così ironici!

 

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