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Le mie letture

#Fingerbook – La figlia della gallina nera di Gloria Origgi

Il primo Fingerbook dell’anno è una sorpresa culinaria strabiliante – vedere per credere sul blog di Michela – in tema con il libro in questione, La figlia della gallina nera di Gloria Origgi edito da Nottetempo. La proposta di oggi è un piccolo dizionario sentimentale, un dizionario nel vero senso del termine, che ci guida alla conoscenza della famiglia Origgi e nel mondo perduto dell’innocenza. Attraverso i frammenti dell’infanzia le parole si fanno carico di tanti ricordi. E anche l’italiano, che l’autrice non vuole che diventi un ricordo, è il pretesto di un recupero anche linguistico. In generale, è un librettino delizioso e divertente, a volte irritante di pensieri borghesi. Non perché lo sia l’autrice, ma ciò che l’ha circondata. Il  voler o il dover distinguersi dagli altri fa risultare antipatico quel modo di porsi.

Leggiamo, quindi, pagine di un viaggio che riportano la scrittrice a rivivere l’atmosfera gioiosa, soffocante, triste di cambiamenti, un dialoga con il bianco e il nero nella Milano degli anni Settanta, borghese e comunista, colpita come tutta l’Italia dalla crisi petrolifera. Allora vediamo le due sorelle, Roberta e Gloria, alle prese con Le viole rosse, un testo teatrale scritto a dieci mani nell’estate del 1975, un gioco diventato patto di sangue tra amecche, una forma privilegiata di amicizia che passava per un’iniziazione al mondo tetro e stravagante della sorella in cui vede la luce in edizione cartacea grazie alla complicità del padre. Anche l’attimo prima di andare a dormire viene celebrato un l’espressione arrivano i pisani allude ai pericoli della notte in cui si aggiravano i pisani a Lucca e esorta a non fare capricci.
C’è il cancro diagnosticato ma non rivelato alla madre, un dolore grande quanto un macigno e incomprensibile. Nella casa di via Montenapoleone riecheggia la parola divorzio appena dopo il referendum, ed ecco che gli Origgi si presentano come «una famiglia di originali con due padri e due madri, sorelle acquisite». È un libro sulle convenzioni della questo mondo, riassunte nelle tre D dignità, decoro, decenza, monito della nonna a figli e nipoti. La scrittrice è spaventata dai gesti fuori posto, da una postura disordinata, sogna di appartenere ad un’altra classe sociale perché la libertà è come indossare abiti leggeri d’estate. Anche gli affetti ne risentono, le parole misurano la distanza della madre nei confronti delle figlie, soprattutto di Gloria tanto da considerarsi la figlia della gallina nera, colei è vittima di un sopruso o di una mancanza. La figura materna è presente in tutto il libro nella sua maestosità o reticenza. E Gloria glielo dice fin dalla dedica, quasi fosse possibile ristabilire un discorso interrotto. Un soffio di leggerezza si respira nella casa del padre in cui risuona il swing, la televisione a colori e si sorseggia Ginger Ale. Gloria scopre un’intimità nuova e lontana. Questo lessico familiare è il ricordo di un’epoca e dell’infanzia, rintracciarlo significa riscattare quei ricordi. Ogni voce svela un particolare della storia familiare e personale dell’autrice: della perduta gioia di vivere della nonna in seguito alla morte della primogenita all’alba della Seconda Guerra Mondiale o dei mercoledì del caffellatte introdotto nel menù fisso settimanale elaborato dalla madre dopo la separazione dal padre, dei pomeriggi inconcludenti trascorsi a cincischiare. La figlia della gallina nera è un lavoro di memoria, mettere allo scoperto il privato più amaro nel tentativo di cogliere tra le righe la spensieratezza di un tempo. Ogni singolo lemma o espressioni racchiude un racconto di vita, si divide tra emozioni e ragione, ricostruzione e nostalgia, luci e ombre. Tante ombre. E infine un invito sottile: vedi alla voce cuore.

 

Titolo: La figlia della gallina nera
Autore: Gloria Origgi
Editore: Nottetempo
Pagine: 121
Anno di pubblicazione: 2008
EAN: 9788874521715
Prezzo di copertina: € 12,50