Leah dai capelli ramati è anticonformista, profonda e generosa, che nonostante la laurea non è riuscita ad elevarsi socialmente, lavora per una società no-profit, unica bianca in mezzo a tante donne nere. La donna mette in discussione il mondo che la circonda considerato troppo borghese, ma non fa nulla per dare un nuovo volto alla sua vita. Le risultano difficili cambiare casa, quartiere e avere dei figli, tanto desiderati dal marito Michel. La sua vita è ferma a diciotto anni ed è l’abitazione al n. 37 che segnerà due eventi importanti della sua esistenza e probabilmente della sua immaturità. La morte di Olive, il suo cane, non farà che acuire queste problematiche che la porteranno ad innalzare un muro sempre più alto nei confronti di le sta accanto.
Nathan è quasi un sussuro in queste pagine, ma la sua figura prende consistenza sul finale del libro Proprio quel Nathan che da adolescente era l’idolo di Leah e che ora è un criminale senzatetto. Il incarna il lato violento di una città, ma anche il senso di fallimento, di rabbia per le illusioni perdute.
Tra Nathan e Leah e in posizione defilata per Keisha-Natalie, c’è Felix Cooper, il cui padre giamaicano vive alla giornata nel West End. Felix desidera ardentemente la libertà di una vita migliore con la fidanzata Grace, che vuole liberarlo della sua aura negativa. La storia di Felix, quanto mai drammatica, ha un raccordo laterale con il resto del romanzo e funziona soprattutto come sottile elemento indagatore di certe dinamiche sociali.
Zadie Smith seziona personaggi, paure, ansie segnati da complessa geografia di sentimenti, contesti e contemporaneità e legati ai problemi esistenziali che li affliggono.
Nelle pagine vengono delineati i fallimenti della working class, quel salto di qualità che non avviene. Il ritratto di queste figure alle prese con le delusioni non è motivo di denuncia sociale, ma diventa metro di relazioni e di identità.
La prima generazione fa quello che la seconda non vuole fare. La terza è libera di fare quella che crede.
A ciò è legato l’altro tema importante, il melting-pot visto non come risorsa, ma mette in evidenza tanti mondi individualisti, insoddisfatti, stanchi, solitudini e incomunicabilità. L’autrice ci conduce attraverso le strade, i vicoli ciechi, i salotti e i giardini, per descrivere il volto volubile e vitale della nostra epoca, metropolitana e contemporanea.
Ci troviamo davanti ad un romanzo diviso in più racconti che potrebbero avere autonomia propria e al tempo stesso sostenere una struttura più complessa. La scrittura dell’autrice è moderna, frammentata, non convenzionale. Le prime pagine sembrano frenetiche, possedute da un attacco compulsivo di elenchi di cose e descrizioni. A volte, le vicende sperimentano una linea più corposa, quasi materica per la densità della trattazione. I dialoghi sono spesso condensati nella narrazione, quasi fossero dei flussi di coscienza o raccontati in prima persona dai personaggi. Interessanti, inoltri, certi aspetti grafici, che caratterizzano la prima parte, ricordano i Calligrammes di Apollinaire.
Autore: Zadie Smith
Editore: Mondadori
Pagine: 356
Anno di pubblicazione: 2013
EAN: 9788804624486
Prezzo di copertina: € 18,00
Disponibile in ebook: € 9,90
2 risposte su “NW di Zadie Smith – Crisi esistenziale della working class”
Ultimamente non riesco a leggere molti libri di racconti. Tra l'altro questo sembra essere davvero mooolto particolare!
Infatti, Zadie Smith ha uno stile tutto suo che non può essere paragonato a nessuno.
In realtà, questo libro ha la struttura del racconto perchè in ognuno di essi viene preso in esame un personaggio per volta, tranne Nathan che lo si ritrova all'inizio e alla fine del libro.
E comunque, in generale non amo i racconti, li evito. L'unico libro che mi ha colpita, e che è uno dei miei preferiti, è I racconti di Pietroburgo di Gogol. Per il resto è terra brucita. almeno per me.