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Le mie letture

Playlist di febbraio, volevo parlare della fine dell’inverno

Ero partita con l’idea di fare una filippica contro l’inverno che si appresta a concludersi, ma poi la realtà più brutale ha preso il sopravvento. Non quanto sia giusto parlare d’altro nonostante una guerra in corso. Lo si fa non per insensibilità, quanto per spirito di sopravvivenza. Spostare l’attenzione serve ad alleviare la tensione, ma soprattutto serve a non parlare a sproposito di cose più grandi noi. Passo e chiudo.

Cosa ho fatto questo mese. Sono stata al cinema per Italia K2, versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, del documentario di Mario Fantin che riprende l’impresa italiana, la cui controversa conquista verrà chiarita molti anni dopo.

Mentre a teatro ho visto La parrucca tratto da due atti unici di Natalia Ginzburg, La parrucca e Paese di mare, per la regia di Antonio Zavatteri.

Ho letto molto questo mese, ma non so perché qui abbia ridotto la lista a soli tre libri. Di alcuni sono incapace di fare un discorso organico, troppi impegnativi, altri restano letture personali.

I libri

Lo aspettavo da tempo, nonostante non sia il mio genere, sapevo che non mi avrebbe delusa. Parlo del Castello di ghiaccio (trad. di Irene Peroni, Iperborea), una fiaba drammatica, con diverse sfumature gotiche.

La copertina è incredibile sia sul fronte che sul retro.

Tarjei Vesaas, dalla prima all’ultima pagina, ha mantenuto fede a prospettiva, lingua, sentimenti, tono senza cedere mai, senza sbavature e esagerazioni. Seppur la narrazione non sia in prima persona, sappiamo che gli occhi sono fanciulli. La questione è un’altra: in diversi passaggi l’autore norvegese risulta sibillino. Al di là di simboli comprensibili o meno, credo non sia necessario decifrare tutto.

È un racconto che si fa ciclico nella perdita e nella rinascita, attraversa paesaggi mutevoli, legami determinati, procede per contrapposizioni. Siss è la trascinatrice della sua classe e Unn, quando giunge al villaggio, si isola, persino la stessa casa della zia resta ai margini della comunità. Inavvertitamente, come una comunanza silenziosa, tra le due nasce una simbiosi, un’amicizia fatta di silenzi e accordi.

C’è un sogno all’inizio di tutto.

Quattro occhi con raggi e luccichii sotto le ciglia. Tutto lo specchio ne era pieno. Domande che affioravano e si dissolvevano. Non so: raggi e luccichi, da me a te, da me e te, e da me a te sola – dentro e fuori lo specchio, e mai una risposta su cosa significhi, mai una spiegazione. […].

Posando lo specchio si guardarono coi visi arrossati, confuse. Si irradiavano l’un l’altra, si confondevano l’una nell’altra, fu un istante incredibile.

Tacciono alcuni segreti impronunciabili, sugellano promesse intorno all’ignoto e di raggiungere presto quel castello trasparente che tanto le incanta.

La natura del Telemark, regione tra le più a Nord della Norvegia, è imperante e non sonnecchia nonostante la stagione, anzi è vitale.

L’acqua e il freddo sono forze in grado di plasmare forme affascinanti. Il ghiaccio costruisce un’architettura misteriosa, irripetibile, inquietante, intorno a una cascata.

Femminismi di Florence Rochert (trad. di Luca Falaschi, Laterza), dal titolo inequivocabile, riguarda tutt’altro argomento. Il libro dà un ragguaglio sul percorso dei movimenti femministi, uno sguardo globale, appunto.

Cose che ho imparato sul femminismo: è un termine medico per indicare gli uomini effeminati, usato da Alexandre Dumas figlio per deridere i sostenitori dei diritti femminili (sempre un uomo c’è di mezzo); non è un fenomeno novecentesco, ma affonda le radici in particolar modo nel secolo precedente; non è un moto esclusivamente europeo o occidentale, coinvolge i paesi coloniali o ex verranno soprattutto in relazione al contesto socio-religioso; attualmente ha assunto molte sfaccettature, oltre il genere, include l’ecologia, la politica e la cultura in senso stretto.

Seppur questo sia un libro breve e scorrevole, ho avuto qualche difficoltà durante la lettura, presuppone una certa conoscenza dell’argomento.

Nella playlist precedente avevo espresso il desiderio di leggere letteratura neogreca che non fosse di genere giallo. Zorba il greco di Nikos Kazantzakis (trad. di Nicola Crocetti, Crocetti), prima traduzione italiana direttamente dal greco, ha raggiunto la notorietà in seguito alla versione cinematografica degli anni ’60 per la regia di Michael Cacoyannis, quindi, è naturale che abbia deciso di ripartire da qui.

La voce narrante è l’alter ego dell’autore greco e Zorba, che diventa protagonista assoluto, è un personaggio realmente esistito. I due si conoscono poco prima di imbarcarsi.

A Creta il Mediterraneo è imperante, la natura, i ritmi, gli echi del villaggio: un mondo quasi primigenio. In questa culla storica non ho potuto che trovare la mia complessità. Ho sottolineato molti passaggi: non c’è nulla da fare, il mio cuore è qui.

È una storia immobile, senza trama o poca, ma luminosa, il paragone a una perenne giornata estiva non è scontato.

Il fulcro è Zorba, con la sua filosofia di vita pratica e ancestrale in qualche modo, che non attinge dai libri ma dalla quotidianità e la beve a sorsi grandi. È un vagabondo con un istinto infallibile, lo sguardo d’aquila, ha fatto mille mestieri, ha combattuto per la liberazione della Macedonia durante la Prima guerra ellenica, affabulatore ma mosso da onestà. «Tagliava per scorciatoie brevi e sicure e arrivava con semplicità, senza sforzo, alla più alta realizzazione dello scopo – la mancanza di scopo» . Inoltre, è conosciuto per quel sirtaki di Mikis Theodorakis che è diventato l’altro inno greco.

Le curiosità

I libri nei film

Gli audiolibri gratuiti di Raiplay Sound

Ecologica

L’8 febbraio è stata approvata la Legge sulla tutela ambientale, per dare particolare attenzione alla biodiversità, agli ecosistemi e che va a modificare i precedenti articoli 9 e 41, limitanti.

La canzone

It’s end of the world as we know it dei REM (1987)

Il film

Stringimi forte di Mathieu Amalric (2022)