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Le mie letture

Storia di chi fugge e di chi resta di Elena Ferrante

Quando ho terminato la lettura di Storia di chi fugge e di chi resta, ho pensato: non può e non deve finire così! Già con le ultime pagine, avevo avuto la strana sensazione che gli interrogativi posti nell’incipit dell’Amica geniale non venissero risolti. Bene, ho qualche giorno fa sono riuscita a sapere direttamente dalla casa editrice che il prossimo autunno uscirà il quarto capitolo (e spero anche definitivo).

Inutile quanto impossibile riuscire ad abbozzare una trama, chi legge la Ferrante sa che ogni scritto è intricato di avvenimenti irriducibili in poche righe.
Ritroviamo le due protagoniste, Lila ed Elena/Lenù, adulte a cavallo tra gli anni settanta e gli anni ottanta. La prima non ha mai lasciato Napoli, lavora duramente nella fabbrica della Soccavo per mantenere il figlioletto Gennaro; la seconda, invece, è in procinto di sposarsi con Pietro, salutare la città per sempre e godersi il successo del suo primo libro.  La  storia di questa amicizia ora corre lungo i fili del telefono, un’amicizia burrascosa e possibile a patto che Lila tenga a freno la lingua. C’è l’esigenza di riesaminare l’intero rapporto, per avere un nuovo corpo, per liberarsi di un confronto mai esaurito, mai pacificato, un’ossessione vera e propria.
Fin dalle prime pagine, si intuisce la sofferenza dell’io narrante nei confronti della città natale che incarna il rione e il degrado. È la stessa Lenù a chiedersi se avesse vissuto tra Posillipo e Mergellina, in un bel palazzo che si affaccia sul mare blu inteso lontana dalla miseria e dalla volgarità avrebbe apprezzato quel volto inedito della città.
La Napoli dei grattacieli e degli edifici ridotti a scheletri meraviglia Elena nella prima adolescenza, ma la sorprende ancora di più dopo ogni ritorno da Pisa: coacervo dell’inefficienza, una città friabile che maschera sotto l’iniziale rinascita sconnessioni, sozzure, incuria, corruzione, batteri. Elena lotta e ha sempre lottato contro quel dialetto, che serve solo ad aggredire e a difendersi. A ciò si lega anche la necessità di estraniarsi dalla famiglia e soprattutto dalla madre, la cui andatura claudicante, la sfrontatezza, l’arroganza e l’ignoranza sono un fantasma pronto ad agguantarla da un momento all’altro. Inoltre, la nostra protagonista si trova asserragliata in un congegno sgradevole quando è costretta a partecipare al pranzo per festeggiare i sessant’anni dell’usuraia del rione, Manuela Solara, madre dei Marcello e Michele. Quest’ultimo convive con Elisa, sorella di Elena: ed è proprio questo boccone che non riesce a mandare giù. I Solara hanno seminato da sempre terrore con i loro “libro rosso” e lo seminano tuttora con alleanze camorristiche e fasciste. «L’essenziale era andare via da Napoli», la necessità di non compromettersi con quel mondo, di estirpare ogni segno che potesse repentinamente riportarla a quella realtà. Elena cerca di portare a termine la «mutazione di stato» che comprenda questo allontanamento definitivo e l’acquisizione della buona lingua. Per dirla alla sua maniera sgobba sui libri e viene introdotta nel mondo intellettuale dagli Airota e grazie al successo del suo primo libro. Ma faticherà nel matrimonio, «ingiustizia della disuguaglianza»; nella maternità, che toglie spazi di vita  e nella scrittura del secondo libro, più un obbligo che una naturale passione.Questo libro appare meno incisivo rispetto a primi due (anche se i colpi di scena non mancano), le convulse vicende di Lila e Lenù vengono assorbite in quadri più grandi: le condizioni operaie, le contestazioni sessantottine, gli anni di piombo, il femminismo, l’aborto e il divorzio, la camorra. Lila è la figura che appare di meno, ma paradossalmente è sempre presente: Elena senta la sua presenza nel bene e nel male, soprattutto nel male fino a considerarla artefice delle proprie sfortune. Lila seduce, ha la potenza evocativa di una sirena, allarma e sfugge: è il modello da seguire per dare luce  e sensatezza alla propria vita. Anche il secondo libro necessita di Lila, una voce capace di attribuire autorevolezza come ai tempi del liceo. Lenù subisce la sua determinazione, la sua luce: «Diventare. Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata. Io volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. Ed ero diventata, questo era certo, ma senza oggetto, senza una vera passione, senza un’ambizione determinata. Ero voluta diventare qualcosa – ecco il punto – solo perché temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro. Il mio diventare era diventare dentro la sua scia. Dovevo ricominciare a diventare, ma per me, da adulta, fuori da lei».
Lo studio diventa mero esercizio mentale, non serve ad osservare con acutezza i problemi del mondo: questo sente Elena quando si confronta con Mariarosa, Franco Mari, Nadia, Pasquale ed è  spettatrice durante le riunioni delle assemblee o delle discussioni tra pochi conoscenti.
Lenù si punisce curando la casa, badando alle figlie e allontanando gli studi fino a sentirsi immobile, un’ameba. «Lila era altro, qualunque piega prendesse la sua vita», una vita mossa e non ferma come la sua. Persino le dure condizioni e le umiliazioni da operaia nella fabbrica dei Soccavo e i successivi contatti con gruppi di sinistra, faranno pensare a Lila come destinata a imprese sempre straordinarie.
Elena rivela la sua natura complicata, le sue esigenze sentimentali e intellettuali, le angosce e i fallimenti; si scopre anche invulnerabile e invincibile: il disordine della società si riversa nel nucleo familiare e partecipa alla dissoluzione del vecchio mondo.
E infine, c’è Nino Serratore che muove gli intrecci della storia e si presenta prepotentemente ogni qualvolta le situazioni sembrano acquietarsi e trovare un equilibrio: è la figura che sconvolge e  abbatte tutto, è fumo, rimanda solo al passato che è amore adolescenziale, è Lila e il divorzio da Stefano, è la vacanza ad Ischia, è il padre Donato, è il mondo accademico, è la liberazione dalle costrizioni.

Elena Ferrante tratta le donne non con morbidezza, ma nella forma che di volta in volta esse assumono, senza giudicarle analizzando le insicurezze, gli sprazzi di vita, la voglia di emancipazione. Le sue storie sono veritiere e potenti.
Promosso, come sempre. Ma la mia opinione non fa più testo.

Titolo: Storia di chi fugge e di chi resta
Autore: Elena Ferrante
Editore: Edizioni e/o
Pagine: 382
Anno di pubblicazione: 2013
EAN: 9788866324119
Prezzo di copertina: € 19,50
Disponibile in ebook: € 12,99

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