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Le mie letture

Via Gemito di Domenico Starnone

Siamo giunti alla fine del 2013 e per mia grande gioia sono riuscita a terminare Via Gemito di Domenico Starnone. Premetto che sarà una recensione lunga: perdonatemi, la complessità del romanzo non mi ha aiutata a sintetizzare. Buon anno!

«Via Gemito, mi appartiene, nel bene e nel male è la strada della mia infanzia»; al 64 si trova l’abitazione di Mimì, l’io narrante, e della sua famiglia per circa dieci anni. Ma è anche il laboratorio di Federì che ha visto la nascita de I bevitori, la tela più impegnativa della sua carriera artistica. I bevitori avranno una storia pubblica e privata sempre travagliata e occuperanno buona parte della storia.
L’incipit del libro è dei più drammatici, Federì dichiara di aver alzato le mani sulla moglie solo una volta nei ventitré anni di matrimonio. È una bugia, come molte raccontate durante tutta vita che andranno a creare un prospetto ricchissimo di immagini del passato. Mimì cerca di mettere da parte rabbie mai sopite, che poggiano su un equilibrio precario di commiserazione stabilito da un tacito accordo con il padre.
La violenza, le insinuazioni delle parole, non sopportate dal figlio si avvertono a distanza di tempo come l’odore acre dei pettinini bruciati nella notte o l’incessante risuonare dello sconosciuto termine “vanesia” con il quale il padre accusa Rusinè della sua bellezza e degli sguardi che gli uomini le rivolgono.
Ecco, quindi, che la figura centrale del romanzo è il padre pittore. Federì occupa l’intera narrazione, quel che contano sono le sue parole che raccontano storie straordinarie infarcite di esagerazioni e covano rabbia verso tutti coloro che sono di intralcio al suo genio artistico. Fa il ferroviere per necessità, ma per l’arte è capace di smuovere mari e monti come nei gloriosi giorni del Teatro Bellini. Ha il colpo d’occhio dell’arte, il talento scoperto fin dalla più tenera età: la sua vita è alla continua ricerca dell’approvazione, del riconoscimento artistico. Le difficoltà economiche e artistiche sono ostacoli, conseguenza di congiungere e tranelli. Infatti, si scaglia spesso contro moglie e figli che gli impediscono l’arte, ciò che potrebbe diventare. È un fiume in piena alle prese con i critici amici-nemici, i parenti che si arricchiscono alle sue spalle con i suoi sudati guadagni. Perennemente insoddisfatto e ambizioso, sa che ogni pennellata può diventare denaro e non esita a scendere a compromessi con il mondo politico. È prepotente, rissoso, irriverente a volte gioviale, sempre dedito «a far quadrare la propria vita con l’eccezione e non la regola».
Rusinè è una presenza silenziosa in queste pagine, di lei non sono rimaste parole e pensieri: la sua ingenuità si fissa nella quiete, nel rossetto e nella crema che utilizza per far trasparire la sua bellezza. «La storia di un corpo che si ammala, è difficile da raccontare», la sua sofferenza e i cambiamenti fisici esplodono solo successivamente. Ecco che Mimì la perde di vista e la morte non fa che acuire questa colpa, ritrovandola in tutti i luoghi della sua esistenza. C’è però un senso di protezione verso la madre che nella vita e dopo la morte. La dedica iniziale probabilmente serve a riscattare la sua figura continuamente costretta, sottomessa al marito.
Mimì cerca di ritrovare nel groviglio di strade, piazze e ricerche tracce di un passato furioso e tratti tragicomico. È il figlio bambino-adolescente-adulto si misura con Federì, in una continua tensione che non sfocia mai in un scontro aperto.
I fratelli gli suggeriscono un modo meno amaro di ricordare il padre, di accettare l’immagine rendendogli omaggio come se ammirasse un suo quadro. Qui, non c’è pacificazione, ma solo commiserazione, pensieri minacciosi. I ricordi non sono spesso chiari, si aggrovigliano con le bugie del padre, che diventano una verità da accettare: «Come è perfida la memoria, ogni ricordo è già il primo stadio di una menzogna». C’è un senso sfiducia, un lavorio interno per non assomigliare nei modi al padre, ma gli anni sono passati inutilmente e le «antichissime urla, vive di generazione in generazione» riecheggiano ancora. Passato prossimo e imperfetto sono i due tempi della storia si confondono spesso con immagini oniriche.
Potrebbe essere un romanzo corale, in realtà i protagonisti sono ridotti ai tre descritti sopra sullo sfondo di una Napoli arraffona, oltraggiosa ma anche brulicante di vita dell’immediato dopoguerra.
Via Gemito non è una lettura facile, necessita di molta attenzione, nata da questa curiosità. Qualche tempo fa mi sono imbattuta in questo articolo che paragona Via Gemito con L’amore molesto. Non voglio entrare nel merito della questione, anche se alcune somiglianze ci sono, se non propriamente stilistiche almeno tematiche.

 

Titolo: Via Gemito
Autore: Domenico Starnone
Pagine: 389
Editore: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2003
EAN: 9788807817274
Prezzo di copertina: 9,00