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Fuori dai libri Le mie letture

Stranieri

Due libri a confronto, o meglio, un saggio e un incontro al quale ho assistito di recente, e che percorrono, seppur con toni differenti, la medesima strada, di biografie intime e sfuggenti.

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Le mie letture

La tela di Virginia Woolf, racconti e saggi incompiuti

Il 28 marzo, dopo aver scritto alcune lettere indirizzate ai suoi cari, Virginia Woolf con le tasche piene di sassi si abbandona alle acque dell’Ouse. È il 1941. E anche la mano di Leonard, suo marito, afferra quei terribili ricordi.
La scrittrice non regge all’ennesima crisi mentale, un presagio rintracciabile – a mio avviso – nel Lascito, un’eredità rintracciabile nei taccuini in pelle verde che costituiscono corpo per una delle storie brevi di Oggetti solidi, racconti e prose (Racconti edizioni), datati 1906-1941, le fondamenta di molti suoi scritti maggiori e più noti.

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Le mie letture

In Messico di D.H. Lawrence

I bianchi quando scrivono degli indiani, fanno sempre, o quasi sempre, del sentimentalismo.
[…]
E così fanno tutti quanti, dagli antropologi ai trascrittori di miti. In tutti si ritrova la strisciante nota sentimentale che ci fa stringere nelle spalle e mandare gli indiani al diavolo nel mucchio delle romanticherie.
Bisogna sgonfiare l’indiano come bisogna sgonfiare il cowboy. Quando il cowboy è sgonfiato non ne resta nulla. Ma la romanticheria indiana non è invenzione dell’indiano. È nostra.
Per i bianchi è quasi impossibile avvicinare l’indiano senza sentimentalismo o senza avversione. Il bianco comune, voglio dire volgare e sano, prova sempre una certa istintiva avversione per questi tambureggianti aborigeni. E l’avversione si muta sempre in sentimentalismo.