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Diario di bordo – Marche e Umbria a morsi

Siamo ancora una volta in due a partire, con il mio fedele compagno di viaggi – che non insiste se non vuoi proseguire, non scombina i piani. A metà agosto, per sfuggire alle temperature torride, ci ha portati a compiere un sali-e-scendi tra due regioni, l’Umbria e le Marche. Morsi, appunto.

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Le Marche sono state i giorni del Ferragosto a Mezzavalle, lungo la Riviera del Conero, del sentiero ripido per raggiungere la spiaggia chilometrica, dei piedi scalzi di chi non si è equipaggiato con scarpe adatte, del muro a righe del ristorante in prossimità dell’Arco della Torre a Numana, dell’incursione a Offagna pensando di essere le uniche anime invece allegramente da un gruppo di anziani ballerini, dei fuochi d’artificio a Porto Recanati.
Al tramonto le ombre si allungano, incendiano le pietre di Loreto. E i profili si fanno più morbidi e confusi tra i declivi ondulati a perdita d’occhio, regolari nelle colture, intervallati da campi di girasoli, ahimè, ormai pronti per la raccolta. Le Marche, nei luoghi raggiunti, hanno quest’immagine. Molto più del mare, a caratterizzarle è la fisionomia bucolica, quella che ci ha conquistati, proprio per tutte le ragioni sopra citate.

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Sono a Urbino per la seconda volta. Quindici anni fa è stata una visita superficiale, di poche ore. Ricordo solo la luce dorata che si staglia sulle mure del borgo e l’indicazione verso la casa di Raffaello.
A fare da padrone è il Palazzo ducale, sede permanente di un’esposizione di capolavori del XIII al XVIII secolo, tra cui La muta di Raffaello, che pare trarre ispirazione dalla famosa Gioconda.
Nelle stanze si rincorrono i fasti di un tempo al cospetto di musica e ospiti importanti, una sorta di Rinascimento privato: lo studiolo di Federico di Montefeltro è un gioiello d’estro e creatività, minuscolo, ma decorato in ogni angolo, rappresenta il lato intellettuale del duca.
Alla Galleria nazionale Paolo Volponi ha donato 21 dipinti, in circostanze diverse, del XIII e XVI secolo pittura emiliana e napoletana come il Guercino, Orazio Gentileschi, Giovanni Lanfranco, Mattia Preti.
Ma anche Carlo Bo ha lasciato le sue tracce come docente di lingue presso l’università a lui dedicata, come una delle vie che conduce al Palazzo ducale, Passeggiata Carlo Bo appunto.

A Pesaro, lungo la medesima via Passeri, si trovano la biblioteca di San Giovanni, un moderno angolo per i lettori, e la libreria Didot, leggerefareguardare, di libri, dischi e vinili usati. Nella borsa ho infilato Metello di Vasco Pratolini. E infine, una puntata ai Musei civici per la rituale fotografia con lo sfondo di libri.

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A volte il navigatore ti propone strade impervie (e gli insulti) ma dai panorami splendidi.
Prima le altissime cime dell’estremità del Parco Monte Cucco, al limitare con le Marche e infine i dolci pendii verdissimi, che si fanno meno netti rispetto a quelli marchigiani. Gli occhi non trovano riposo tanto è sconfinato l’orizzonte, anzi sembra un muro che non permette di vedere oltre.
Perugia. Sorprendente. Nonostante sia agosto, nel pieno delle ferie estive, è viva di gente, non solo turisti. La ragazza presso la quale alloggiamo ci dice che il perugino è un po’ pigro, per tale motivo si unisce alla folla che popola il centro anche durante le ferie estive.

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Una puntata doverosa alla Galleria nazionale, a Palazzo dei Priori, che custodisce in modo quasi esaustivo il patrimonio artistico della regione, dal XIII al XIX secolo, tra cui spiccano Piero della Francesca, il Perugino, il Pinturicchio, il Beato Angelico, Benozzo Gozzoli. Giusto per tirare in ballo qualche artista più noto. La città non è stata ai margini dei grandi centri italiani, ma ha una Storia solida. Come tutto il territorio nazionale. Conserva alcune tracce etrusche, come l’Arco, porta di accesso alla città nella zona settentrionale, il Pozzo che è a due passi dalla Cattedrale di San Lorenzo e dal Palazzo dei Priori. Per intenderci Piazza IV Novembre.
E poi ci sono le vie nascoste, strette, in cui si incanalano voci, le terrazze dei Giardini Carducci che danno al borgo meridionale.
Ci siamo serviti della guida del Touring Club e dell’aria fresca di quei giorni per respirare meglio questo viaggio.

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Gubbio e Assisi. Due borghi diversissimi per intenzioni e architetture. Romanico e gotico. Vocazione politica e spiritualità.
Gli affreschi di Giotto e Cimabue nel vago ricordo del terremoto hanno segnato qualche riflessione: la resistenza secolare si piega alla forza della natura. Ma Assisi pare essere risorta.
La Basilica inferiore di San Francesco, affollato luogo di sosta soprattutto durante i riti liturgici, mi ha estasiata per le trame decorative – oggi si direbbe pattern – che segnano i costoloni delle navate (spero di non aver sbagliato, ho consultato la guida, nel frattempo ho dimenticato la terminologia artistica: 5 anni di studio al macero).
Il rammarico più grande è di non aver potuto visitare il bosco del Santo: un arzigogolato percorso mi avrebbe portata a destinazione, ma sinceramente dalla spiegazione dei custodi non ho capito nulla.
Appena si lasciano le silenziose vie in pietra e decorati da gerani, adiacenti alla basilica e ci si inerpica fino al centro, l’atmosfera cambia completamente: Assisi è invasa di presenze, negozietti e gelati, visto il periodo. Al quanto singolare la facciata del Tempio di Minerva, riedificata poi nella Chiesta di Santa Maria sopra Minerva.
Decisamente meno caotica è Gubbio che nei giorni precedenti è stata impegnata con il tradizionale torneo dei rioni. Forte è l’impronta medievale, che caratterizza i borghi umbri. Il Palazzo dei Consoli predomina la scena su Piazza Grande, sede del museo civico e della pinacoteca.
Qualcuno ci dice che bisognerebbe esserci alla Festa delle ceneri, a maggio, forse la più antica manifestazione popolare al mondo. Intanto, però, Don Matteo è in vacanza.

Prossima destinazione Trentino.

 

Servizio pubblico
Dove mangiare:

Marche
Osimo –  Nottetempo pizzeria: impasti speciali e pizzaiole simpaticissime.
Campocavallo –  Mezzo Baiocco: ottimi primi e anche le pizze a quanto pare.

Umbria
Perugia –  La Bottega di Perugia: panini prodotti locali dai 2,50 ai 3,50 €. Posto minuscolo, ma è necessaria una sosta.

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