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Fuori dai libri

La lettura come rotazione quadriennale

In una puntata di Chef’s table (sì, guardo anche questo), su Netflix, e più precisamente la seconda della prima stagione, lo chef del Blue Hill Dan Barber racconta il suo lavoro attraverso esperienze di vita, cronache familiari e valori. Oltre al ristorante, ha a ereditato la fattoria della nonna, teatro delle sue estati. Cerco di essere sintetica.
Dopo la morte della donna, la fattoria non aveva più lo stesso fatturato perché mancanza di attenzione. Non si tratta di ammodernarla, ma di puntare sulla qualità e su certi principi basilari dell’agricoltura.
La terra è come un conto in banca da preservare, se voglio un ottimo raccolto devo alimentare quel conto. Com’è? Ritornando alla sapienza antica.
Su tutti la rotazione quadriennale permette di ossigenare la terra. Attraverso rapporti simbiotici si migliora la qualità di tutto l’ecosistema agricolo – animali, raccolto, terra – per poter infine ammirare il lavoro. Dobbiamo vedere tutto armonizzato, come fosse un magnifico paesaggio.

Questa tipologia di programmi mi ispira molto, a volte riesco a trovare appigli, spunti, suggestioni con quanto abitualmente entro in relazione. In particolare mi ha fatto riflettere sulla mia condizione di lettrice. Ecco che in quei rapporti simbiotici ci vedo la curiosità e nella qualità la lettura.
La fertilità del suolo porta nutrimento, e paragonandolo alla lettura è un nutrimento che potrebbe influenzare che ci circonda.
Alterno periodi di entusiasmo a tempi vuoti in cui fatico a persino a prendere in mano un libro. I motivi sono diversi – personali, scarso interesse, banali distrazioni – fino a includere il blocco del lettore. Ma non è questo l’argomento di oggi.
Dicevo.
Mi focalizzo essenzialmente su quattro categorie: albi, narrativa, nordico e viaggi/saggi. Gli illustrati per bambini veicolano messaggi importanti attraverso storie semplici. Sono innamorata delle illustrazioni, che sono un ulteriore modo per leggere un racconto perché solitamente sono due gli autori che si cimentano, i punti di vista, pur essendo concordi, si fanno comunque individuali. Poi in generale la narrativa, con una predilezione per l’italiana del dopoguerra soprattutto i romanzi poco noti.
La letteratura nordica può essere classificata come narrativa, ma nel tempo è diventato un vero e proprio genere, soprattutto con il successo del poliziesco. Iperborea è la mia casa editrice preferita, nata proprio con il fine di condividere quel che proviene dal Grande Nord.
I viaggi e saggi, spesso li trovo nelle medesime pagine. Se c’è un libro che mi ha aperto un modo è L’arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg, perché coniuga biografia, divulgazione, autobiografia, narrazione Se non avessi letto questo libro tante altre letture non le avrei affrontate, come Il libro del mare di Morten A. Strøksnes (altro Iperborea, è un chiodo fisso) che estremizza i generi del primo.
Ruoto, senza prendere alla lettera il paragone agricolo, perché spesso leggere sempre le medesime cose mi inaridisce, mi annoia. Sono necessarie anche le pause, per apprezzare ciò che verrà dopo.
So bene di escludere alcuni generi perché non rientrano nei miei gusti, ma tento di essere curiosa, di non fossilizzarmi sempre sulle stesse case editrici, di spulciare i cataloghi, altrimenti risulterei un megafono a senso univoco. Alcuni libri chiamano altri libri. Lo scorso inverno mi sono imbattuta nella Bambina di neve. Un miracolo infantile di Nathaniel Hawthorne e illustrato da Kiyoko Sakata (Topipittori): una nota finale ci rivela un nuovo volto dello scrittore americano come padre affettuoso. Della sua quotidianità e famiglia ha modellato storie e personaggi. Un diario racconta un breve periodo felice trascorso con il figlio, è da Adelphi con il titolo Venti giorni con Julian. Tuttavia credo che anche affezionarsi a un genere ha le sue piacevoli sorprese: è soprattutto lo scrittore a esplorarlo secondo dinamiche personali fino a ridisegnare i confini, a stabilire nuove regole. Conta molto la sua creatività.

L’editoria è come un campo di grano e papaveri: il gioco è di coglierne un bel mazzo.