Ciò che evito di fare a dicembre sono i bilanci, non serve a granché. Credo che tutte le nostre azioni siano continuamente analizzate, non si attende la fine dell’anno. È secondo me un ulteriore esercizio snervante che in alcuni casi acuisce eventi spiacevoli. Preferisco tracciare una linea netta e ripartire.
Racconto in breve questi giorni. Sono tornata a casa, quasi come ogni Natale, ho rivisto il mare, ho mangiato i mandarini e mi sono seduta per interminabili ore davanti al camino.
Ho letto molti libri natalizi, come non mi accadeva da tempo, sarà stata una certa inspirazione inconscia. Anche se devo dire che per quel poco di spirito che mi appartiene il Natale è nordico, è la scrittura di Astrid Lindgren come vedrete più in basso.
Da tutte queste letture resta fuori solo la biografia di Jane Austen di Claire Tomalin (Nuova Editrice Berti), per mere questioni pratiche non sono riuscita a parlarne, ma ci sarà sicuramente una prossima occasione.
Nel frattempo saluto il 2022: buon anno nuovo.
I libri
Il primo libro è Il Natale del porto di Mathilde Tourbillon con le vivaci illustrazioni di Beatrice Cerocchi (Clichy Edizioni). Apro e chiudo parentesi: nella sua palette ci sono tanti dei miei colori preferiti.
Il vecchio capitano Drake vive isolato, con lo scoiattolo Scricciolo, sulla sua storica imbarcazione ormeggiata al porto di Pitchmont Bay: il tempo, le vicissitudini, le delusioni, l’hanno reso burbero. Nel suo personaggio è ben visibile l’onda lunga di Canto di Natale di Dickens.
Mathilde lo conosce mentre è sul pontile, rattristita dalla notizia che suo padre non festeggerà il Natale in famiglia, perché in mare. Drake pensa che quell’amarezza non dovrebbe appartenere a una bambina. E così persino il suo cuore «ruvido, ma non ancora del tutto secco» sarà in grado di illuminare una giornata così speciale.
Il paesaggio urbano e costiero è del sud-ovest dell’Inghilterra, in particolare della Cornovaglia, con i villaggi in pietra che si affacciano su un orizzonte invernale e cupo, l’atmosfera gioiosa delle luci.
Se una libraia non mi avesse consigliato Piccole cose da nulla (trad. di Monica Pareschi, Einaudi), probabilmente non l’avrei letto perché l’avrei giudicato come la solita trovata natalizia.
Claire Keegan costruisce intorno un’atmosfera natalizia, fiabesca, sembra di essere proiettati fuori dal tempo, in un’Irlanda quasi ovattata e invece i riferimenti ci sono tutti: è il 1985 e tanti i giovani emigrano a Londra o a Boston; a Belfast gli unionisti protestano contro Dublino contro l’accordo firmato tra il Taoiseach Thatcher sull’Irlanda del Nord.
L’argomento affrontato non è dei più spensierati, anzi fa i conti con la difficile vergogna delle Magdalene Laundries irlandesi.
Keegan sceglie un brav’uomo per la sua storia, Bill Furlong, un fornitore di legname, torba e carbone. Ha una bella famiglia, una moglie e cinque figlie; alle spalle una vita semplice e protetta da ricca vedova che gli ha evitato eventi dolorosi.
Alla soglia dei quarant’anni gli sorgono molti dubbi sulla sua esistenza, sull’incertezza del futuro familiare, soprattutto potrà definirsi un giorno coraggioso da poter specchiarsi senza un briciolo di pentimento?
New Ross è un piccolo paese, bagnato dal Barrow, «un fiume scuro come la birra». Sulla collina si erge il convento, Buon Pastore, «con neri cancelli spalancati e una moltitudine di alte finestre scintillanti che si aprivano sulla città […] Com’era tutto immobile lassù, ma perché non c’era pace in quella scena?». L’immagine di accoglienza e serenità esterna si scontra con quanto si consuma all’interno di quelle mura e soprattutto con il silenzio dei tanti che sanno.
La vigilia di Natale di Mrs Parkins di Sarah Orne Jewett (trad. di L. Crescenzi e T. Giuliani, Mattioli1885)
Sarò breve come questi quattro racconti che saranno la piacevole compagnia di qualche ora. I primi due sono prettamente natalizi, gli ultimi trovano origine nella bella stagione.
Jewett li proietta nel New England, in villaggi appartati, nei giorni che precedono il Natale e nella natura rigogliosa della bella stagione. Le figure protagoniste – Mrs Parkins, Rebecca, Miss Spring, e una donna senza nome – fanno i conti con la solitudine, con avventure persino bizzarre dal carattere edificante (tanti i riferimenti religiosi) soprattutto i primi due. Tant’è che in Mrs Parkins si può scorgere un avaro Scrooge. Tuttavia non manca un’acuta vena ironica.
Mentre fuori cade lieve la neve – o meglio è nevischio – mi fa compagnia un racconto di Astrid Lindgren. Mi sono arredata un piccolo momento fatto di luci e tranquillità.
Il mio piccolo Natale (trad. di Laura Cangemi, Mondadori ragazzi) ha un posto speciale: è stato tradotto dopo 30 anni dall’uscita svedese (in un’antologia a tema voluta da Rabén & Sjögren) ed è l’ultimo racconto che l’autrice scrisse a macchina prima da abbandonarla perché non riusciva più.
È al tempo stesso una storia intima, che risale ai giorni di dicembre del 1913, quando Astrid aveva sei anni; e apre con un ricordo, una canzone cantata dalla madre per alleviare i momenti tristi. Uno ad uno entrano in campo i componenti della famiglia e il subbuglio che precede il Natale.
Tutto si gioca sull’alternanza di felicità e rammarico: «che triste Natale si annunciava! L’indomani era la vigilia e non avrebbero mai fatto in tempo a sistemare tutto per farlo somigliare a un vero Natale».
Piano piano entriamo nella sua casa per conoscere le tradizioni familiari: il taglio dell’albero nel bosco e la decorazione, le candele accese, l’eccitazione dei regali, i gusci di noci sul pavimento: «come aveva fatto a diventare tutto così bello? Sembrava quasi una magia!».
Il paesaggio innevato è quello tanto caro dello Småland che Cecilia Heikkilä ha illustrato in queste pagine.
Le curiosità
L’origine dei nomi di alcuni giochi
Ecologica
Pane, biscotti, pizze: questo è il periodo in cui il forno è sempre in attività, complice la stagione invernale. Strumenti utilissimi sono i tappetini in silicone (che si adatto per gli alimenti, mi raccomando!): ce ne sono molti in commercio, alcuni addirittura sagomati per adattarsi alle varie preparazioni. Sostituiscono bene la carta da forno, quindi non creano un ulteriore rifiuto; non fanno attaccare i cibi; sono quasi indistruttibili; si lavano e tornano nuovi come prima.
La canzone
Let me roll it di Paul McCartney (1973)
Il film
Forever Young (Les Amandiers) di Valeria Bruni Tedeschi (2022)