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Le mie letture

Archivio dei bambini perduti di Valeria Luiselli

Ogni volta che i nostri bambini parlano dei bambini rifugiati, li chiamano “i bambini perduti, me ne rendo conto adesso. Immagino che la parola “rifugiato” sia più difficile da ricordare. E anche se il termine “perduto” non è preciso, non nostro lessico famigliare, i rifugiati sono “i bambini perduti”. E in certo senso, credo, che siano questo, bambini perduti. Sono bambini che hanno perduto il diritto a un’infanzia.

Chi prende la parola nell’Archivio dei bambini perduti di Valeria Luiselli è una giovane donna, la quale ha deciso di raccontare una storia importante. Così insieme alla famiglia – padre e due figli dei quali ignoriamo il nome – parte alla volta del sudovest, per occuparsi di un documentario sonoro sull’emergenza dei bambini alla frontiera americana, cercando di convergere con il progetto del marito interessato agli Apache. Lei documentarista e giornalista, lui documentario e acustemologo: entrambi registrano suoni per conoscere e comprendere lo spazio, un campo neutro che non influenza opinioni e punti di vista.
È Space Oddity di David Bowie a scandire il viaggio di questa famiglia che sta vivendo una separazione tacita e segnata: «il centro di gravità che adesso, d’un tratto, abbiamo perduto». Disgregazione. Frammenti che entrambi gli adulti ne fanno oggetti del loro lavoro. «Dopo tutto quel tempo a campionare e registrare, avevamo un archivio pieno di frammenti di vite di estranei ma non avevamo pressoché nulla della nostra vita insieme.»
Quindi cartine, appunti, libri, supposizioni, strumenti. Sette scatole, delle quali due vuote, che li accompagneranno in questa traversata. Prende così vita un lessico familiare che seguirà due prospettive, fino a inglobare la vicenda migratoria, a espandersi come solo i bambini sono capaci.
Eccoci alla frontiera: migliaia di bambini senza documenti dal Messico, provenienti dal Triangolo del Nord del Centro America – Honduras, Guatemala e El Salvador – preoccupati di ricongiungersi con parenti più che al sogno americano, come spesso si legge sulla stampa o si riporta attraverso dichiarazioni politiche. Bisogna vedere con i propri occhi, ascoltare con le proprie orecchie.
Dopo aver attraversato deserti, per mano di un coyote, scampando mille pericoli scampando se si è fortunati, il colloquio per ottenere asilo politico verte sulle seguenti domande:

Perché sei venuto negli Stati Uniti?
In che data hai lasciato il tuo paese?
Perché hai lasciato il tuo paese?
Qualcuno ha cercato di ucciderti?
Hai paura di tornare nel tuo paese? Perché?
Due sono le strade: l’espulsione o la fuga.

 

Il racconto è al tempo stesso il viaggio per antonomasia attraverso l’America, «nella vuota immensità di questo paese», seguendo le luci soffuse lontane dalle grandissime città, su strade polverose e croste paesaggistiche; il viaggio è nell’intimità di una famiglia, in un inventario di cose ignote che le appartengono, nella Storia e attualità che accomuna gli apache ai bambini perduti. Casi d’archivio appunto. Quanto futuro e possibilità si dissolvono.

Valeria Luiselli si serve dell’arte (come è accaduto nel precedente La storia dei miei denti), espediente per raccontare la realtà, l’individuo. I frammenti, le suggestioni, le letture, le liste arricchiscono questa ri-scoperta sulla pagina, diluendoli su più prospettive. Di quanto sia ricco, stratificato Elegie per i bambini perduti ve ne accorgerete alla fine.

 

Archivio dei bambini perduti di Valeria Luiselli, La Nuova Frontiera, 2019

 

Approfondimenti:
#PropagandaMexico di Propaganda live, La7, 14 gennaio 2019

On Mexico’s Migrant Trail: Confusion and Tough Choices di Kirk Semple, «The New York Times», 19 giugno 2019

How Trump’s Policy Change Separated Migrant Children From Their Parents di Sarah Almukhtar, Troy Griggs, Karen Yourish, «The New York Times», 20 giugno 2018

Il decreto di Trump non risolve il problema dei bambini migranti di Alessio Marchionna, «Internazionale», 21 giugno 2018