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Lost in translation di Ella Frances Sanders

Lost in translation (Marcos y Marcos) è splendido fin dalla copertina, pagine da custodire e regalare. Ella Frances Sanders ha scritto e illustrato un librettino curioso già nel suo formato da album, un piccolo glossario di sentimenti, espressioni e situazioni di parole nuove o poco conosciute che rivelano mondi apparentemente lontani.

Lost in translation racchiude cinquanta termini dai suoni spigolosi o delicati, – aggettivi, sostantivi, verbi – intraducibili, che non hanno un corrispettivo univoco, trovare un equivalente nella propria lingua è spesso complicato. E al tempo stesso non si prestano alla rapidità della comunicazione odierna: su Twitter come si potrà spiegare il concetto di saudade ed evitare di fossilizzare la conversazione su un argomento senza portare all’esasperazione il vostro interlocutore?
Il titolo non lascia dubbi sul contenuto del libro: si perde il senso di un termine durante il processo di traduzione, non si afferra il significato più ampio. Si perde il cuore. Le parole sono un insieme di simboli, simboli convenzionali il cui significato reale li valica, ma necessari per decifrare le relazioni e veicolare la conoscenza.
Tradurre non è un’operazione automatica e banale, ogni termine si porta dietro un patrimonio culturale denso di esperienze e Storia di un popolo. Si traducono suoni ma soprattutto concetti.

«Le lingue evolvono e talvolta muoiono, ma, che conosciate soltanto poche parole di una lingua o mille parole di molte lingue, ci modellano: ci permettono di dar voce a un’idea, esprimere amore o delusione, far cambiare opinione a qualcun altro».

L’autrice, che è anche una traduttrice, ha esplorato alcune parole tra più suggestive delle lingue europee, africane, orientali e sconosciute come il tagalog, il nguni bantu, il yaghan, il wagiman, il urdu. Sono pagine interessanti per (ri)scoprire culture antiche e ignote, a volte agli antipodi della terra.
Le mie preferite?
Samar (arabo): perdersi nei racconti della notte «in una danza ininterrotta di parole»
Gezelling (olandese): sensazione di accoglienza che si prova a contatto con le persone più care.
Jugaad (hindi): risolvere problemi con molta creatività all’insegna del “minimo sforzo massimo rendimento”.
Fika (svedese): lo eleggerei a momento della giornata. La pausa caffè o tè con tanto di dolcetto da prolungare all’infinito.
Vacilar (spagnolo): il puro gusto di viaggiare senza programmi.
Ubuntu (nguni bantu): inteso come umanità, riconoscersi l’uno nell’altro.
Poi, ci sono alcune piuttosto bizzarre come poronkusema (finlandese) che misura la distanza che una renna percorre ininterrottamente prima di fermarsi (per la cronaca circa sette chilometri e mezzo); pisan zapra (malese) indica il tempo necessario per mangiare una banana, quale sia effettivamente non si sa. E infine per i bookover: in giapponese tsundoku significa i libri acquistati e mai letti, sepolti sotto una pila di libri.
Per chi viaggia, traduce o è semplicemente curioso è il libro ideale, divertente e immediato. Con fare pratico Ella Sanders inquadra il senso della parola e la restituisce in tratti più semplici e a colori.

E allora, come ci invita l’autrice non ci resta che liberarci dalla rigida grammatica e perderci nella traduzione.

Titolo: Lost in translation. Cinquanta parole intraducibili dal mondo
Autore: Ella Frances Sanders
Editore: Marcos y Marcos
Traduttore: Ilaria Piperno
Pagine: 112
Anno di pubblicazione: 2015
EAN: 9788871687353
Prezzo di copertina: € 15,00