Mi sono accorta che questo novembre non ho salutato l’autunno, intenso per lasciare il posto al Natale. Forse perché si è ridotto a una manciata di giorni, ché il caldo ci ha accompagnati per due mesi buoni oltre il limite stagionale. Persino la copertina degli articoli era già in tema natalizio. Quest’anno esercito la mia resistenza.
Di seguito troverete solo due accenni – un libro e un consiglio – poi spero che lo spirito delle feste mi pervada solo dopo l’8 dicembre.
I libri
Fausta Cialente arriva seconda allo Strega del 1966, anno di pubblicazione del suo romanzo, sparito poi dalla circolazione, dopo le ultime edizioni degli anni ’70.
Un inverno freddissimo (a cura di Emmanuela Carbè, Nottetempo) muove le fila dalla rigida e interminabile stagione che colpì l’Italia nel 1946-47 e lo fa dando voce a una numerosa famiglia – 7 persone –, quella di Camilla, che abita una soffitta malmessa, che la figlia Lalla ribattezza «l’albergo dei poveri», in condizioni a dir poco precarie.
La gente non sapeva ancora che quei mucchi sarebbero rimasti lì per tutta la durata dell’inverno; non riuscirono mai fondere perché altra neve fioccò sopra a quella sporca, che rimase sotto.
Dalle finestre si scorge una Milano grigia, dai «tristi colori degl’incendi spenti» e il perenne biancore della neve. È una città tutta da ricostruire, sono evidenti «le dolenti ferite» della guerra appena terminata, che deve fare i conti con l’emigrazione di massa.
Si gioca anche sul contrasto tra la vivacità dell’ambiente domestico, e la repulsione di una città che comincia a mostrare i segni della corruzione, dell’ambizione, dell’illusione.
«Mi sembra che fino ad un certo momento eravamo tutti quasi felici, qui dentro». Poi accade qualcosa, tante cose irreparabili, soprattutto quando Camilla è fuori casa. Lei è il perno, nonostante le girino intorno molte figure femminili, che in qualche modo aprono a un dibattito sulla condizione della donna, tra molestie, slanci di vita, pregiudizi.
Si intravedono molti lati biografici di Cialente in diversi personaggi: Lalla che ambisce a un futuro di scrittrice, Enzo che ha vissuto in Egitto, Arrigo insegnante di musica. Insomma, per me un bel lavoro di recupero di una voce letteraria dimenticata.
Non immaginavo di leggere così Papà Montagna in italiano (Terre di mezzo). Ho saputo dell’edizione francese dalla stessa autrice Sara Donati, che l’ha anche illustrato.
Agata è una bambina di città, costretta ad andare in campeggio con un gruppo di bambini che nemmeno conosce, ma che dimostrano molta affinità con la montagna. Il papà le regala un sasso bianco.
Lei davanti a quel verde, all’immobilità delle vette non sa che fare, si sente fuori posto, fino a quando non si perde. Ecco, dunque, che il cambio di prospettiva, l’abbandono delle proprie posizioni – che coincide persino con un ribaltamento grafico della narrazione –, diventa un momento per apprezzare sé stessi e quel che la circonda, quasi come fosse un incontro poetico. Lo testimoniano le illustrazioni, un passaggio estasiato fatto di consapevolezza e disponibilità alla novità.
Che bello perdersi nei prati, nei cieli notturni di Sara Donati.
«Nei suoi occhi aveva la luna e le stelle, le luci di Natale e le nuvole d’estate». Due desideri, corrispondenze si incontrano e si comprendono.
Ho riletto più volte questa citazione, dentro ho trovato il passaggio dal buio alla luce, l’evasione immaginativa che coltiviamo in gran segreto.
Dimentico di dare le coordinate: Nuvole a dondolo di Luigi Dal Cin (Einaudi ragazzi). È una fiaba d’inverno.
Baldassare fabbrica giocattoli, in particolare cavalli a dondolo in legno. Non quelli «di plastica dei grandi supermercati, che con gli occhi non dicevano proprio nulla. Sguardi muti, di plastica. Fissi. Assenti. Tutti uguali».
La sua esperienza artigianale, il suo estro creativo, fa sì che gli occhi siano vivi.
Tuttavia il Natale è alle porte, la consegna dei dondoli al negozio è imminente. Baldassare si accorge che ne manca uno…
Mi fermo qui con la trama, perché c’è tutta una magia da scoprire nell’unicità della propria voce.
Mi soffermo sulle belle illustrazioni di Serena Mabilia: una in particolare mi ha rubato il cuore, il cielo notturno su un angolo di città, sullo sfondo svetta un abete illuminato a festa sui tetti fumanti, qualche passante lascia tracce su una piazza imbiancata dalla neve.
Le curiosità
Dizionario delle sensazioni delle donne
Ecologica
Confezionare i regali. Quanta carta si spreca, pur essendo colorata e per l’occasione? Spesso si impiega molto tempo per fare bei pacchetti, con fiocchi e carte meravigliose che in un batter d’occhio finiranno nella spazzatura.
Perché non puntare sulla creatività e sul riuso? Dunque: fogli di giornale da impreziosire con nastri, cordoncini; scampoli o foulard che si possono riutilizzare in un secondo momento; carta da pacchi da decorare con elementi naturali quali rametto di abete o fetta d’arancia essiccata, o con gli stampini; barattoli di vetro soprattutto per gli alimenti; vecchie scatole di latta acquistate nei mercatini o trovate in soffitta.
Abbandonate l’idea del foglio trasparente di plastica a meno che non sia riciclabile nell’organico.
La canzone
Milano con la peste di Manuel Agnelli (2022)
Il film
Licorice pizza di Paul Thomas Anderson (2021)