Quando si parla di cinesi in Italia il primo pensiero corre a Milano in via Paolo Sarpi, storica strada tra piazza Gramsci e piazzale Baiamonti ribattezzata Chinatown.
Primavere e autunni di Matteo Demonte e Ciaja Rocchi (BeccoGiallo) fa luce su un tema poco conosciuto, soprattutto è l’omaggio di un nipote a suo nonno, un album fotografico affettuoso.
Più che un fumetto è un vero e proprio lavoro grafico notevole che ricorda molto le carte orientali, le figure e il racconto spiccano dallo sfondo seppia e gli ideogrammi in cui narrazione, ricostruzione del passato e personale creano un bell’amalgama.
Il titolo fa riferimento agli Annali delle Primavere e degli Autunni attribuiti a Confucio. Si tratta di una summa enciclopedica del Regno tra il 722 e il 481 a. C., ma molto probabilmente richiama l’idea della ciclicità delle generazioni e il rinnovarsi delle culture.
Pensando al fenomeno orientale erroneamente lo si localizza vent’anni fa, quando con il massiccio insorgere di negozi e imprese cinesi abbiamo visto sorgere dapprima nei maggiori centri urbani, poi nelle realtà più piccole. Come verrà meglio documentato nel libro, la prima, ma debolissima, ondata migratoria risale all’inizio del secolo scorso, nel nostro paese i cinesi si potevano contare sul dita di una mano.
Quando Li Shan giunge in Italia da Qing Tain, sono gli anni Trenta, in pieno periodo fascista. In via Canonica, il quartiere più popolare della città meneghina, ha già i suoi contatti: qualche suo connazionale già vive qui da qualche tempo. Chi arriva dalla Cina si occupa principalmente di commercio e anche Wu diventa ambulante di cravatte di seta e bigiotteria. Nascerà negli anni Cinquanta la prima Associazione di Commercianti Cinesi di Milano in aiuto a quanti si stabiliscono e aprono un’attività. La sede è in via Paolo Sarpi.
Quella che leggeremo è una storia di successi e fallimenti di un’impresa familiare. La sua biografia viaggia di pari passo con i cambiamenti politici e sociali dell’Italia e della Cina – una guerra mondiale, il boom economico, la Rivoluzione cinese, il primo ristorante in città –, arrestandosi al 1970. Sopraggiunge l’autunno, quello caldo degli scontri e degli attentati.
Lo sguardo di Wu cela una profonda solitudine, una nostalgia acuta per un mondo lontano. I cambiamenti fonetici del nome rispondono ai dettami occidentali, così come le restrizioni legislative che colpiscono chi è straniero durante e dopo il Fascismo: piccole cose in cui si avverte un forte senso di inquietudine.
Giulia e Wu si incontrano in quella zona franca che è il dialetto, ma i loro figli crescendo si allontanano dalla sua cultura orientale. L’uomo rimane fedele ai suoi ideali nazionalistici anche quando è costretto a diventare cittadino taiwanese in seguito alla sconfitta di Chiang Kai-shek che Mao costringerà a rifugiarsi proprio nell’isola.
Il lavoro e la famiglia sono stati un tampone, nonostante l’integrazione e la facilità con cui ha gestito i propri affari grazie alla moglie, il suo albero genealogico affonda radici in un universo antico e verde. Il ritrovarsi a giocare anche con gli italiani a majong o gustare un piatto di ravioli al vapore placano appena i suoi tumulti. Wu va incontro al suo destino.
Attraverso una storia familiare si indaga sull’immigrazione e sulle conseguenze che ne derivano. Primavere e autunni si può considerare uno studio sociologico ampiamente documentato in chiusura del libro, è un primo bilancio della comunità cinese a Milano, un fenomeno eterogeneo e in continua evoluzione.
Wu ha sognato tutta la vita di rientrare in patria ma per questioni politiche non ha fatto più ritorno. Marco Polo, invece, ha rivisto la sua Venezia.
Titolo: Primavere e autunni
Autore: Ciaj Rocchi, Matteo Demonte
Editore: BeccoGiallo
Pagine: 159
Anno di pubblicazione: 2015
EAN: 9788899016128
Prezzo di copertina: € 18,00