«Dal primo giorno di università mi sono tolta il chador, quel chador che veniva portato via dal vento, e io lo tenevo soltanto con due dita».
Senza fraintendimenti non si negozia la libertà individuale davanti alla società ma l’emancipazione da un certo legame troppo serrato che faticherà ad adeguarsi all’età adulta. Chi si affranca lo farà con esiti debilitanti, una cura apparentemente efficace solo all’inizio poi i tormenti si faranno estenuanti.
Questa tematica affronta il secondo titolo siglato Ponte33, casa editrice votata alla letteratura mediorientale, Probabilmente mi sono persa dell’iraniana Sara Salar racconta lo sconforto della generazione femminile, e di un mondo, quello arabo chiuso, tanto da subire censure alla quinta edizione perché considerati spregiudicati i rapporti descritti tra uomo-donna.
La vicenda si consuma nell’arco di una giornata ma ha radici ben lontane, in un’esistenza difficile che ha origine nel Baluchistan. La protagonista, della quale non sapremo mai il nome, introduce gradualmente alla sua storia. Si sveglia al mattino in preda al torpore del sonno e alle probabili conseguenze dell’alcol; non ricorda con che mezzo Samiar, il figlio di cinque anni, si è recato a scuola.
Da questo momento intorno si affollano ricordi, passaggi di una vita che affonda nel passato e nel suo incontro con Gandom, una conoscenza che la porterà a rinnegare i suoi familiari.
È energica, affascinante, forse bugiarda, sa di gelsomino, limone, arancia o melograno, è impossibile non subire il suo ascendente: Gandom pulsa nella testa, non c’è nulla da fare. Impartisce lezioni, modi di impossessarsi degli spazi e degli oggetti. Lo ha sempre fatto, le viene naturale. Si conoscono ai tempi del liceo, diventano amiche inseparabili, l’una l’ombra dell’altra in un gioco consapevole di essere e apparire.
Nel frattempo, la donna prende da scuola il figlio e ha un piccolo incidente stradale, nulla di grave se confrontato al trambusto del risveglio. Anche la sua vita attuale non è semplice: vive in una città scontrosa con un marito che è sempre fuori casa, un socio che non perde momento di sedurla, si sente messa in discussione nel suo ruolo di madre e di amica perduta.
Questa voce spaventata, rabbiosa lotta contro la sua persona e quello che avrebbe voluto diventare, che reca il nome e il viso di Gandom. E forse sono così simili tanto da cercare negli sguardi altrui un’approvazione: non siamo simili? Sì, chissà. Forse nell’essere così viscerali, simbiotiche, caotiche.
Ci sono tante incognite che rimangono irrisolte, né tanto meno delineate. I contorni sono chiari ma non si riesce a penetrare il nucleo della questione, ciò che vorremmo scoprire non lo sapremo mai.
È un racconto poco immediato, tanto che il lettore potrebbe costruirci intorno infinite congetture proprio per quella mancanza di definizione. E ci sono poche coordinate con le quale orientarsi, l’inquietudine della donna è così esacerbante da compromettere ogni possibile guarigione. Il senso di colpa traspare fin dalle prime pagine, nei confronti del figlio, della famiglia e di Gandom, della quale si sono perse le tracce. Forse alla base c’è un torto, una negazione.
[…] impazzivo dalla voglia di correre là, stendere una coperta in giardino, sotto l’albero di gelso, sdraiarci insieme, a studiare un po’, chiacchierare mentre studiavamo, a ridere a crepapelle mentre chiacchieravamo, fumare una sigaretta di nascosto mentre ridevamo a crepapelle, discutere mentre fumavamo di nascosto, smettere di parlarci mentre discutevamo, fare la pace mentre non ci parlavamo più…dall’altra, sapevo che la signora di quella casa era Gandom e io…
Fuori, Teheran è frenetica, confusa e questo si riflette anche nella scrittura il cui ritmo è costantemente alterato per i continui passaggi tra passato e presente, immaginazione e molti inframmezzi di un lungo colloquio con uno psicologo. Ci si perde nella lettura, ci si lascia trasportare da un flusso di coscienza febbrile, a seguire i vorticosi percorsi di questa donna che non ha mai lasciato il buio della sua infanzia: è come se mi fossi persa anni fa, persa in quel cielo di stelle di Zahedan.
Titolo: Probabilmente mi sono persa
Autore: Sara Salar
Editore: Ponte33
Traduttore: Jasmine Nassir
Pagine: 118
Anno di pubblicazione: 2014
EAN: 9788896908051
Prezzo di copertina: € 14,00