Se l’anno inizia a singhiozzi, quasi a voler essere la prova che i bilanci non si chiudono a dicembre ma necessitano di maggiore sedimentazione, febbraio, pur non amandolo (complici certi mal di pancia infantili in occasione del Carnevale), già si dimostra più clemente.
Ho letto moltissimo, forse come neanche nei lunghi periodi vacanzieri, attratta anche dalle nuove uscite.
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Tra le storie del Cappello di Rembrandt di Bernard Malamud (Minimum fax) una mi ha colpita particolarmente, la più politica del libro, Uomo nel cassetto.
Non posso continuare di più a lungo in questo modo, disse Levitanskij, posandosi la mano su cuore. Mi sento chiuso a chiave dentro cassetto con miei poveri racconti.
Il barile magico. Tredici racconti. Bernard Malamud.
Occorrerebbe leggerli almeno un paio di volte per isolare i dettagli, per catturare il “tra le righe”.
Avevo avuto qualche tempo fa un assaggio folgorante, ho atteso troppo prima di dedicarmi a questa raccolta per i tipi Minimum fax. Ha ragione Jhumpa Lahiri quando nella prefazione parla di Malamud come un autore che bisognerebbe affrontare, ad accogliere una scrittura profonda.