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I piccolini Le mie letture

Mare e balene

Per giorni ho riflettuto se fosse giusto accostare a Herman Melville un fumetto, trovare un modo per raccontarli. Solitamente si confronta un nome altisonante a un altro di pari livello, ma qui le cose sono ben diverse, non so come sia venuta fuori questa unione insolita.

Due titoli, due generi, due lettori. Toni e atmosfere sono decisamente differenti, ma entrambi maneggiano quella materia bellissima che è il mare. E il curioso caso delle balene.

Octave è l’edizione integrale che Tunué ha raccolto in un unico volume, dei francesi Alfred, David Chauvel e Walter, nella collana Tipitondi dedicata ai ragazzi. Quattro episodi, quattro nuovi amici per il bambino protagonista – un capodoglio, un’orata, un pinguino e una sula bassana – e tavole dai colori pieni.
Il messaggio ecologista è chiaro in ogni singolo aneddoto, così come il misurarsi con le prove quotidiane, seppur fantasiose, che precludono verso la maturità.
Mi soffermo sul primo.

A Octave non piace – nell’ordine – il mare, il pesce, la scuola e la fine delle storie. Terribili ricordi familiari sentenzieranno il suo odio nei confronti degli abissi.
Non pensate a Octave come a un bambino triste, in realtà è cinico, buffo, un po’ indurito dai fatti della sua breve vita. Vive sull’isola di Avel insieme alla madre, ma i suoi giochi sono popolati da presenze che gli faranno vivere molte avventure.

Una sera trova in soffitta un libro con illustrazioni bellissime su calamari giganti e abitanti dei fondali, storie d’altri tempi che stimolano la sua immaginazione. Sarà un caso che durante la notte verrà svegliato dal lamento di un capodoglio? L’incontro con il gigante del mare, arenatosi sulla spiaggia e in cerca di aiuto prima che gli umani – gli adulti – lo facciano letteralmente a fettine, lo costringerà a superare le sue paure.
Entrano in scena folletti, leggende e le forze della natura. Sfuma così tra realtà e sogno l’avventura di Octave.

Per Melville, Clichy ha pubblicato, con il bel lavoro di Fabrizio Bagatti, una serie di lavori inediti di varia natura – recensioni, dissertazioni, satire – quali l’incontro con l’antichità romana, la dissacrante satira contro il generale Zachary Taylor vittorioso nella guerra contro il Messico e pubblicata sull’«Yankee Doodle», la filantropia espressa nel resoconto delle avventure di Francis Parkman e nell’ultima conferenza sui Mari del Sud.
Le questioni marine possono ridursi a pochi scritti ma costituiscono un buon punto di partenza per trattare di Viaggi e balene, appunto.

Nei Bozzetti di caccia alla balena, che è lo scritto che unisce il discorso, Melville recensisce l’opera di J. Ross Browne, sul «Literary World» nel 1847, il quale racconta la caccia a una balena.
Le scene di bordo «dipinte in maniera netta e veritiera e, di conseguenza, per alcune di esse si può avanzare una qualche obiezione puntigliosa perché sbozzate in maniera troppo ruvida o grezza».
L’ingenuità di certe rivelazioni di Browne sui giganti del mare secondo il quale ruggiscono quando sono sotto attacco, sono smentite dal recensore, producono un suono indistinto. E ancora ha qualcosa da ridire propriamente sulla caccia alla balena, gli strumenti, le dimensioni sconvenienti della barca, la lotta che ne verrà prima dell’epilogo.

Miei giovani amici, girate un attimo la testa e lanciate uno sguardo alla balena. Eccola sorgere dalla spuma, con le increspature su quella grossa come la prua di una nave. Credetemi, è terribile come per una recluta andare in battaglia.

Imbarcarsi non è affare da poco: Jack, il marinaio, che potrebbe essere lo stesso Melville, il quale prima di passare alle collaborazioni giornalistiche aveva conosciuto la dura vita di mare, potrebbe storcere il naso alle illazioni di Browne.

In queste poche battute si scorgono tutti gli elementi che caratterizzeranno la sua prosa arguta, limpida, appassionante – da Moby Dick a Taipi.

In chiusura il bellissimo Mari del Sud che riprende il fascino delle rotte di Magellano, Balboa e dei tanti che hanno navigato quella rotta impervia che «ha un odore indefinibile di legno di sandalo e di cannella che ha il gusto delle vecchie esplorazioni e imprese dei bucanieri che non delle recenti stimolanti giornate di viaggio in quelle acque».
Il Pacifico, ribattezzato da Magellano, inconsapevole del cattivo carattere di questo oceano, è una vastità insondata come lo sciame delle isole che polinesiane, così fitte alla stregua delle stelle della Via Lattea.
Ma lo scritto è soprattutto un inno al viaggio inteso come liberatorio, capace di aprire gli orizzonti, cercare nuovi oggetti e scoprire nel prossimo, in questo caso nell’indigeno, una fratellanza.

Melville lamenta la scarsa qualità della produzione marina. Ma penso che esordire così in Bozzetti di caccia alla balena possa placare il suo animo:

Da tempo immemorabile molto di bello si è detto e cantato a proposito del mare. E ci sono stati tempi in cui i marinai venivano considerati veri e propri tritoni, e l’oceano stesso come peculiare teatro del romantico e del meraviglioso.

E per concludere, anche se l’affermazione nasconde un intento religioso, mi affido alle parole di Balboa: «Sto andando alla ricerca del mare».

Octave (edizione integrale) di Alfred, David Chauvel, Walter, Tunué, 2016, età di lettura dai 6 anni

Viaggi e balene. Scritti inediti di Herman Melville, Edizioni Clichy, 2013