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Fuori dai libri

Breve storia delle mie librerie, più quella definitiva

Se dicessi che è un sogno apparirei forzata e innaturale, almeno secondo la mia visione dei fatti, in quanto diffido sempre, per gli stessi aggettivi che potrebbe qualificarmi, chiunque faccia del libro un ruolo assoluto nella propria vita. A tal proposito gioca forza un titolo letto recentemente che in alcuni passaggi mi ha irritata e non ha fatto che confermare questa insofferenza. Ma è questo è un discorso che approfondirò in seguito.

Alle tante librerie di fortuna che ho allestito duranti gli anni universitari, prima, da cercatrice di lavoro, solo, la vicenda si conclusa felicemente come nelle storie dei Grimm.
Quando sono arrivata in città dal Sud non avevo libro, non avevo portato con me nulla, sicura che in un centro abitato esteso avrei trovato un tesoro. Così è stato. La Feltrinelli di via Repubblica, prima di trasferirsi nell’attuale via Farini, è stata una tappa fissa negli anni, per un rapido ragguaglio sulle uscite, sui classici, o meta di pomeriggi trascorsi a far quadrare i conti e quale libro lasciare sullo scaffale; poi ci sono state le biblioteche cittadine e i prestiti interbibliotecari, di cui ancora sono una grande fruitrice. Anzi per me la biblioteca è una certezza contro l’indecisione, quando non sono convinta di un titolo, di un autore a me sconosciuto: se non mi piace restituisco senza il senso di colpa di aver speso denaro.

Nelle mie stanze ho innalzato pile su presunte scrivanie o comodini di ventura (tra cui cassette della frutta finemente decorate), riempito striminziti scaffali, stretto l’un all’altro libri per me imprescindibili, spesso influenzata anche da una coinquilina che leggeva con avidità e che quando nei finesettimana tornava nella vicina Liguria, ne approfittavo per prendere qualcuno dei suoi che lasciava nella stanza.
Finita l’università, sono iniziati il tormento dei traslochi, degli scatoloni da spedire al Sud quando ero certa che avrei lasciato la città. E in quel caso, davvero con me ho tenuto ben pochi eletti.
Comunque è sempre stata una situazione gestibile, insomma, non ho accumulato molti volumi. Anche la Billy che per necessità è stata acquistata con il primo esperimento di convivenza ne conteneva pochi, spesso in doppia fila.
Nel frattempo ho aperto un blog che mi permesso di documentarmi meglio sul panorama editoriale italiano, a selezionare con criterio e non lasciarmi abbindolare dalla storia di una casa editrice, dalla notorietà degli scrittori, dalle parole persuasive di giornali e presentazioni televisive; ma anche di ricevere libri che con il tempo sono quintuplicati.

Da questa città non sono mai andata via, nonostante gli innumerevoli tentativi di scappare. Sono rimasta incollata qui, ahimè.

Alla fine abbiamo investito in una casa, che fosse nostra, per confortarci di tanti sogni infranti e compromessi da pattuire.
Prima di avere una sistemazione i libri sono rimasti nei cartoni un anno e mezzo, onestamente le priorità sono state altre – un letto e una cucina.
Ma non è che sia andata meglio con la progettazione: ci abbiamo impiegato ben sei mesi per decidere come impostarla, la profondità, la distanza tra uno scaffale e un altro. Il sonno e le discussioni si popolavano di tante librerie possibili. L’esasperazione e gli incidenti di percorso hanno preso il sopravvento.

Li ho organizzati in ordine di casa editrice e all’interno in ordine alfabetico. Credo di non apportare cambiamenti, sono sicura che non mi salterà mai in mente di dividerli per colore: impazzirei. Già così ciascun editore ha una grafica riconoscibilissima – escluse le mille trasformazioni di Mondadori – che in qualche modo segue involontariamente quel senso.

Breve storia delle mie librerie - interno storie

C’è una televisione che non rispetta le proporzioni (non ridete), ma c’è il mio veto non acquistarne un’altra.
Ci sono spazi vuoti.
C’è la promessa di non superare il limite.
Arreda un angolo di casa.

Questa libreria è un regalo che il mio compagno mi ha donato e che ha donato a sé stesso.

 

Libreria SanGiacomo