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Fuori dai libri

Collage. Trumpista

Collage è un’accozzaglia ordinata su tutto, o quasi, possa ruotare intorno a un libro; approfondimenti interessanti che non siano direttamente collegati  alla mera cronaca, e infine qualche rimando persino colorato o frivolo.

Lo slogan «America first» ha contrassegnato il discorso inaugurale della presidenza Trump, lo scorso 20 gennaio, in un clima di tensione e scarsa coscienza di ciò che si prefigura nel futuro prossimo. Gli effetti di quanto espresso in campagna elettorale si cominciano a vedere, confermando l’aria populista che soffia anche in Europa, dalla Francia all’ex blocco sovietico.
Il dibattito sulle discutibili decisioni prese da Trump, non dovrebbe mai far abbassare la guardia. Perché l’irreparabile è dietro l’uscio di casa.

Trai i titoli più letti nel periodo pre e post elettorale ci sono It can’t happen here di Sinclair Lewis, recentemente proposto da Passigli editori Da noi non può succedere e 1984 di George Orwell. Ho letto entrambi, l’ultimo non mi è piaciuto molto, tuttavia a gennaio la Penguin pare abbia ristampato ben 75 mila copie.
Gli americani hanno scoperchiato la pentola, gettandosi nel fumo delle storie distopiche, nel tentativo di spiegarsi certi fenomeni, chiamiamoli così per generosità, creati da se stessi.
Tra i due il titolo che si avvicina alla realtà dei fatti è quello del premio Nobel Lewis, forse 1984 potrebbe decretare il passaggio successivo se la situazione dovesse sfuggire di mano. Il libro che traccia il percorso di Berzelius Windtrip, per le file del partito democratico (!), fino alla vittoria finale. Le analogie sono tante, soprattutto è sorprendente come le tappe dell’ascesa politica del personaggio di Lewis, compresi comizi e movenze, scarsa preparazione, siano state rispettate da Trump. Oltre a ciò, l’accoglienza e il dissenso non mancano.

Sul web tra quotidiani e blog di Trump se ne parla in tutte le salse – sviscerato, deriso, esaltato -, non voglio impantanarmi in nessuna analisi socio-politico di cui non sarei capace a gestire le prime due righe ma vorrei proporvi qualche lettura che possa un certo senso darvi altro, qualche articolo coinvolgente, curioso e indirettamente legato a questa figura.

  • Il viaggio nella terra a stelle e strisce di un corrispondente del «New York Times» in Asia: un ritorno a casa dopo circa dieci anni, una metamorfosi che va oltre ogni previsione, una (ri)scoperta dell’America;

 

  • le reazioni di alcuni noti scrittori alla vittoria di Trump;

 

  • «Il», magazine del «Sole 24 ore», ha inaugurato la sua personalissima serie sull’inquilino della Casa Bianca, un occhio sui possibili cambiamenti della narrazione televisiva.  La speranza è che Trump non ci deluda. Accomodatevi e non abbiate fretta di vedere l’episodio finale, semmai dovesse essere trasmesso;

 

  • il numero di chiusura del 2016 dell’«Internazionale», dedicato (sarà un caso) alla narrativa breve canadese. Penso che sia reperibile in qualche emeroteca ben fornita, se avete necessità del cartaceo, altrimenti la versione digitale è acquistabile qui. I racconti sono di giovani autori – nel pieno della rinascita della letteratura del grande e bianco Nord – , non hanno nulla a che fare con le questioni americane ma vorrei sottolineare che comunque esiste una via di fuga dalla realtà.

(Lo so, è un azzardo l’abbinamento rosso rossetto e smalto blu.)