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Le mie letture

L’arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg

Il titolo non è allettante, L’arte di collezionare mosche, forse potrebbe provocare un po’ di ribrezzo soprattutto per chi detesta gli insetti. Per quanto mi riguarda, non ho alcuna fobia se gli animali in questione non superano le dimensioni di un sasso. È stata la forte curiosità a spingermi a leggere il libro di Fredrik Sjöberg nella bella confezione firmata da Iperborea.

Se posso darvi un’idea seppur vaga, potrebbe somigliare a Raccontare il mare di Björn Larsson, anche se in questo caso i risultati sono più alti perché più personali. L’arte di collezionare mosche è un libro raro, interessante per la combinazione magica di autobiografia, letteratura, divagazioni scientifiche – esploratori, scoperte botaniche e le letture di Kundera, Golding, Lawrence, Chatwin, Monterosso – arricchiscono il nucleo principale focalizzando l’attenzione su René Malaise, fino ad assumere il tono di un doveroso omaggio. Una figura bizzarra, anticonformista dalla vita solitaria quella dell’esploratore, collezionista e inventore della macchina cattura-insetti, impegnato nelle sue peripezie in Asia. Nulla di noioso, anzi a mio avviso appassionante e spassoso. E sì, perché allo scrittore svedese non manca di certo la battuta.

Fredrik Sjöberg è un entomologo, che ha dedicato i suoi studi ai serfidi, una classe di mosche che non ha nulla a che vedere con le fastidiose mosche domestiche. Ha studiato biologia, ha viaggiato, ha lavorato in teatro prima di scegliere come sua dimora l’isola di Runmarö, nell’arcipelago svedese.
Certe divagazioni sull’isola che sarebbero da incorniciare. In generale, quando leggo un libro Iperborea so già che lo sottolineerò e copierò fiumi di citazioni su quaderni gelosamente custoditi. Perle, appunto. E proprio su questo fazzoletto di terra, «in cui niente è delimitato e concreto come un’isola», ha scoperto 202 specie di serfidi.
Perché le mosche? «Ci sono tre argomenti: l’amore, la morte e le mosche. Da quando l’uomo esiste questo sentimento, questa paura e questa presenza l’hanno accompagnato sempre. Altri si occupino dei primi due. Io mi occupo delle mosche, che sono migliori degli esseri umani, con l’eccezione delle donne». Questa è la sua risposta ricorrente quando è oggetto di curiosità mentre cattura gli insetti.
Chi colleziona è consapevole di essere mosso da uno spiccato narcisismo e dal senso dell’inutilità, meglio definita come bottonologia. Entrano in gioco, concentrazione e raccoglimento che non fanno rima con lentezza, ma con un tempo proprio. Non si tratta solo di dedicarsi ad un oggetto ma di scoprire un’essenza di vita. Collezionare diventa un’arte, un momento ispirato al pari della letteratura. Capire i serfidi è riappropriarsi di una lingua da sempre conosciuta dal signore delle mosche, testi dai caratteri minuscoli che celano concretezza: «me ne restavo lì come avvolto in uno sciame di pensieri brevi, quasi puntiformi, incolori, senza apparente connessione». Ma una connessione c’è: la lente d’ingrandimento che si posa sul micro cerca di agguantare il macro, il mondo così sfuggente pensato per l’uomo ma non di sua esclusiva proprietà. L’unica chiave di lettura possibile è la capacità di meravigliarsi.
Anche Malaise è stato un collezionista d’arte come Sjöberg, attratto dal lavoro d’indagine considerato «divertente quanto istruttivo» se eseguito con responsabilità. La continua ricerca è anche illudersi che l’oggetto del desiderio sia richiudibile in una teca di vetro consapevoli che non sia ha nulla da perdere se non di estasiarsi. L’arte, quindi, non è una piacevole e confortante illusione?

Titolo: L’arte di collezionare mosche
Autore: Fredrik Sjöberg
Editore: Iperborea
Traduttore: Fulvio Ferrari
Pagine: 224
Anno di pubblicazione: 2015
EAN: 9788870915426
Prezzo di copertina/ebook: 16,00 – 8,99