Vi consiglio di leggerlo!
Tahrir cos’è? Un reportage? Un romanzo? Potrei scrivere che incarna tutti e due i generi. Un resoconto piuttosto dettagliato delle cause e dei giorni che hanno portato alla rivoluzione egiziana e contemporaneamente procede su una linea narrativa con una certa tensione, quasi fosse un racconto con una trama avvincente.
Facebook ha avuto un ruolo centrale nella vicenda: il mondo virtuale diventa il primo tentativo di resistenza all’ancien régime, la prima grande riunione in piazza.
Internet è stato liberalizzato da Gamal Mubarak, figlio del presidente, il quale ha creduto che potessero convivere «libertà e tortura». Ed invece, quello spiraglio di innovazione sono stati fatali per la dittatura.
È un libro corale, la polifonica delle voci presentate dalla giornalista convergono in un’unica grande promessa e aspirazione.
Troviamo nelle pagine volti e situazioni di una «gioventù cocciuta, ricciuta, determinata a non farsi scippare il proprio posto nella Storia»: Ahmed Maher, blogger di “Afrut” (Spirito) e Mohamed Adel; Khaled el Sayed, trotzkista, amministratore della pagina Facebook “6 Aprile” che combatterà al fianco dei Fratelli Musulmani; Amina Zaki parteciperà alla preghiera islamico-cristiana organizzata da Sally Toma, una straniera in patria; Wael Ghonim, direttore marketing di Google per il Medio Oriente, amministratore segreto della pagina Facebook “Siamo tutti Khaled Said”. A cui si aggiungono le voci di Mohamend El Baradei, Ala al Aswani, Ahmed Zewail e degli ingegneri, delle guide turistiche, degli impiegati e dei contadini che hanno come simboli Khaled Said e Mohamed Bouazizi, vittime dei soprusi del potere e delle polizia corrotta.
Imma Vitelli vive la moltitudine degli istanti, degli eventi cruciali di quei giorni e degli incontri che convergeranno in Piazza Tahrir.
Perché Tahrir? Tahrir è immensa. «Tahrir è per chi ha confidenza, chi ha fiducia, per chi lo può permettere. È un incubo, per un militare. […] È difficile da difendere, ha tutti i fianchi esposti». È simbolo del potere da Nasser a Mubarak, dell’esercito e della corruzione, ma anche di «CHI VUOLE CAMBIARE VENGA A TAHRIR!», grido che si leva dalla piazza prima della conquista simbolica.
E cosa rimane a questa generazione per vivere? La rivoluzione è l’ultimo atto per lavare l’umiliazione di un popolo.
È una gioventù che ha conosciuto solo il volto di Mubarak; ha vissuto con il senso di colpa della guerra del ’67; ha avuto accanto genitori arrendevoli che hanno trovato rifugio nella religione, simbolo di rassegnazione e privazione della dignità.
Hosni Mubarak è il simbolo di una dittatura a cui aggrapparsi in un «passato di incerta gloria».
Mubarak, monolitico fino alla sua caduta, è ben descritto dalla giornalista secondo la metafora del treno, basandosi su un fatto di cronaca realmente avvenuto che potete leggere a pagina 126. Il presidente è un macchinista che per 30 anni ha guidato il paese senza mai voltarsi indietro su un treno in corsa non vedendo che le ultime carrozze, quelle di seconda e terza classe stavano bruciando. Coccolato dalle democrazie occidentali per un controllo economico e politico sul vicinato arabo, la sua era un’immagine sfaccettata: patriarcale e tirannico, avido e caparbio,.
L’11 febbraio 2011 Mubarak non si dimette, ma rinuncia al suo incarico. Un ultimo gesto risentito di un faraone che non ha mai compreso la ribellione di figli nei confronti di un padre.
Il resto è cronaca di questi giorni.Ho letto il libro in versione digitale. L’ho preso in prestito dalla biblioteca comunale… ed è rimasto sul mio ereader. È un social ebook, per cui una volta scaricato è nella vostra biblioteca per sempre. Magie dell’ebook!
Titolo: Tahrir. I giovani che hanno fatto la rivoluzione
Pagine: 256
Editore: Il Saggiatore
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo di copertina: € 14,00
Disponibile in ebook: € 7,99