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Fuori dai libri Le mie letture

Stranieri

Due libri a confronto, o meglio, un saggio e un incontro al quale ho assistito di recente, e che percorrono, seppur con toni differenti, la medesima strada, di biografie intime e sfuggenti.
Mi permetto, prima di tentare di inquadrarli, di consigliare Primavere e autunni di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, fumetto da tenere a portata di mano se si vuole comprendere l’immigrazione cinese a Milano, ne è un chiaro esempio. L’amatissimo Passaggi di Émile Ollivier si inserisce nella cerchie dei titoli che analizzano il tema. Gli stessi sussulti accomunano queste opere.

Si parla di identità svincolata dal concetto politico, in linea con la soggettività, il patrimonio culturale e il ruolo sociale sotto la lente d’ingrandimento dell’immigrazione.

Mi svilisce in un certo tipo di migranti, quelli che rinunciano a tutto il proprio bagaglio culturale pur di integrarsi con successo nel nuovo contesto […]. replicandosi fino a trovare un conveniente punto zero, emotivamente e intellettualmente tranquillo, dove prenderà una nuova narrazione di sé.

E solo tra le quattro mura si riacquista la memoria collettiva e la naturalezza.
Chi scrive è Tash Aw in Stranieri su un molo, edito da Add editore, un fulminante saggio sulle questioni sopracitate. Si legge senza difficoltà. E poi si riflette.
La sua biografia chiarisce bene il suo argomentare: nato a Taiwan da genitori malesi di origine cinese, cresciuto a Kuala Lumpur, ora risiede a Londra. E così sulla scia dei ricordi domestici indaga la propria individualità.

Cina-Malesia: biglietto di sola andata. «I miei nonni. Stranieri smarriti sul molo». Una vita tutta da riordinare anche nel quartiere in cui abitano connazionali, governati da una solida etica dell’accoglienza, una città straniera e familiare al tempo stesso.
Ma in questa vicenda entra a gamba tesa la Storia. Il conflitto tra il Kuomintag e il Partito Comunista, la miriade di dialetti, le macerie dell’Impero, che negli anni successivi è stato fabbrica e ha alimentato l’immaginario collettivo di una cinematografia opulenta.

«Da dove vieni?»: è la domanda frequente che viene rivolta all’autore. I tratti somatici e l’accento si mimetizzano nel paesaggio culturale dell’Asia. Sono un impostore, dice, in fin dei conti uno straniero, che per anni ha simulato altro. Una sensazione celata nell’ordinarietà, il quotidiano scandito dalla praticità. Nelle nuove generazioni le tracce del passato si confonderanno fino a perdersi, non comprenderanno il significato di avere nostalgia di casa. E il tutto si risolverà nell’accettazione della propria condizione. L’istruzione apre nuove orizzonti e ne chiude altri che hanno a che fare con dispersione del nucleo familiare, nuovo domicilio. Il passato subisce una battuta d’arresto, non viene più menzionato se non per sommi capi, per chi l’ha vissuto costituisce vergogna per le privazioni, la perdita della dignità, l’amarezza dell’immigrazione. Smarrimento. Fragilità.
Il benessere economico ha prevalso su altri aspetti, ha spento il senso delle origini che non necessariamente significa ritornare nei luoghi della partenza, ma ripensarli come elemento aggregante tra i vari membri della famiglia. Fino a che punto è lecito soffocare le radici?

All’inizio una parentesi:

Un rapido appunto: hokkien, hainanese; aggiungi cantonese, hakka, teochew. Le diverse radici regionali degli immigrati cinesi nel Sudest asiatico. Tienile a mente; sono importanti per questa storia.

La stratificazione etnica e sociale è rilevante anche nel romanzo d’esordio di Tasneem Jamal, Dove l’aria è più dolce, edito recentemente dalla Nuova Editrice, presentato la scorsa settimana e introdotto da Diego Saglia, docente di letteratura inglese dell’Università di Parma.
Le nuvole, minacciose, hanno dato una tregua: sarebbe stato un peccato rinunciare alla lussureggiante cornice dell’Orto botanico della città.

Stranieri - interno storie

Tasneem Jamal, nata in Uganda, di origini pachistane e vissuta in Canada, è al debutto letterario, una pausa dal suo lavoro giornalistico.
Un romanzo di spostamenti e spaesamenti, migrazioni plurime e tentativi di migrazioni alla ricerca di un luogo dove l’aria è più dolce. Gente ordinaria che si trova catapultata agli ordini della Storia.
Il racconto abbraccia il periodo coloniale e post-coloniale ugandese tra il 1921 e il 1975, non solo il confronto tra colonizzatori e colonizzati, tra dittatura e stranieri, ma anche la complessità e lo stridore all’interno dei gruppi tribali.
Si scorgono tracce autobiografiche, il cui cuore batte intorno al concetto di casa che in inglese trova voce nelle forme significative e distinte di house, abitazione, e home, nucleo degli affetti.

La migrazione è una connaturazione umana: «nessuno spunta dalla terra», scrive l’autrice, a dispetto di quando si parla di radici intese come luogo fisico, ma nei è valori e nella solidità affettiva che si addensa intorno agli individui chiamati a esercitarli, esprimerli.
Si può perdere l’house, ma non è così complicato ricostruire l’home.
A questo punto è necessario interrogarsi sul senso della casa come punto di tensione contro le chiusure concettuali: dove torno?, in Africa o in India?, il Canada è casa mia?
Al di là della finzione, trascorre circa dieci mesi con la famiglia in Tanzania, tra la constatazione di un paese carente di strutture ma costoso, la difficoltà di dialogare con i tanti gruppi etnici, Tasneem Jamal ha rivalutato il Canada: lasciare l’Africa per liberarsi del passato. In qualche modo ha scoperto che esiste un luogo dove l’acqua è meno profonda.

Stranieri su un molo di Tash Aw, Add editore, 2017
Dove l’aria è più dolce di Tasneem Jamal, Nuova Editrice Berti, 2017

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