Un consiglio spassionato: seguite Mis(S)conosciute.
Dietro ci sono Maria Lucia, Giulia, Silvia da tre latitudini diverse, che danno voce, conoscenza a autrici della letteratura mondiale dal secondo Novecento in poi, dimenticate o nemmeno tradotte. Per l’appunto scrittrici tra parentesi. Seguono un podcast di approfondimenti e una newsletter mensile.
Tutto ruota intorno alla scrittura femminile e ai possibili femminismi, recupare una visione di mondo, la possibilità di andare oltre l’antologia scolastica che penalizza le autrici. Hanno un peso al pari dei loro colleghi uomini.
Grazie a loro ho ripreso in mano la raccolta poetica Per un sentiero chiaro di Fabrizia Ramondino (Einaudi), che avevo abbandonato.
E non è un caso che siano miei ospiti proprio a pochi giorni dalla Giornata internazionale della donna.
Ecco i loro comodini che rivelano tanto del loro progetto.
In casa Mis(S)conosciute si legge parecchio e i libri sui comodini si accumulano in un attimo. A vivere in questa casa costruita in tanti anni di impegno e dedizione siamo in tre: Giulia, Silvia e Maria Lucia.
Le letture serali, il tempo ritagliato e ritrovato per leggere, sono una parte fondamentale del lavoro di Mi(S)conosciute: è quando tutte le incombenze quotidiane si fermano, quando la frenesia delle giornate lavorative finisce che possiamo goderci la lettura di un romanzo, di un racconto e cercare le nuove Mis(S)conosciute da raccontare.
I comodini sui quali barcollano in pile instabili i libri delle scrittrici che raccontiamo sono tre, dislocati in due città diverse, Roma e Parma, o forse anche quattro, se ci aggiungiamo un “comodino virtuale” rappresentato da una cartella condivisa in cui raccogliamo il materiale da leggere, ci appuntiamo i nomi delle scrittrici da approfondire, i podcast da ascoltare, i libri da leggere.
Silvia
Fino a poco tempo fa, non avevo mai avuto un comodino degno di questo nome.
In tutte le case in cui ho vissuto in passato hanno assunto questo ruolo sedie traballanti, angoli di scrivanie confinanti con la testiera di un letto, sgabelli minuscoli, mensole a portata di mano. Adesso c’è un comodino di legno, con un ripiano e un cassetto, che ho “fatto io”: l’ho verniciato di bianco e l’ho assemblato pezzo dopo pezzo.
È un comodino disordinato – spesso assediato dalle tazzine di caffè del mattino o dalla tazza della tisana della sera – occupato quasi interamente da due pile di libri instabili: i testi in lettura e i libri che vorrei leggere subito dopo.
Il problema è che entrambe le pile crescono a un ritmo costante, spesso mescolandosi, e come se non bastasse si aggiungono le letture digitali sul Kindle, fedele compagno di tante avventure, un po’ malandato ma che occupa il suo posto in un contenitore di stoffa blu.
Insomma, questo comodino è un po’ un catalizzatore di storie: quelle dei libri, quelle delle riviste e quelle impresse negli altri oggetti che lo popolano. C’è una scatola di latta decorata in stile art nouveau che conserva ricordi e un segnalibro di legno che mi riporta a una vacanza in riva al mare. Ci sono tanti oggetti che potrebbero essere utili, in questo comodino-laboratorio di lettura: matite, evidenziatori, segnapagina, crema per le mani, elastici per i capelli, penne.
Da qualche anno si accumulano per lo più sfilze di libri scritti da donne: precisamente dalla metà del 2018, da quando con Giulia e Maria Lucia abbiamo iniziato a immaginare un progetto che parlasse di scrittrici, che è poi diventato il podcast e progetto culturale Mis(S)conosciute – Scrittrici tra parentesi.
Un po’ di titoli della pila “libri che vorrei leggere prossimamente”: Arabpop a cura di Chiara Comito e Silvia Moresi (Tamu Edizioni), La sera, il giorno e la notte di Octavia E. Butler (Sur Edizioni), Ghiaccio di Anna Kavan (451 Editore), Everybody di Olivia Laing (WW Norton & Co), Play it as it Lays di Joan Didion (Harper Collins), Inès e l’allegria di Almuenda Grandes (Guanda).
In questo periodo nella pila dei testi in lettura ci sono: Carbone di Licia Pizzi (Caffe Orchidea), la raccolta Le affatturate di Rina Edizioni, Le piccole virtù di Natalia Ginzburg (Einaudi) e, soprattutto, The books of Jacob dell’autrice polacca premio Nobel nel 2018 Olga Tokarczuk (Penguin), un monumentale romanzo storico di 900 pagine che si sta rivelando attuale in modo sconcertante: è ambientato nel territorio austro ungarico del XVIII secolo, principalmente nella provincia della Galizia storicamente situata tra l’est della Polonia e l’Ucraina, un territorio che era un crocevia di popoli e etnie.
Tokarczuk l’abbiamo raccontata in un recente episodio del podcast Mis(S)conosciute la cui idea è partita proprio da qui: dalle letture serali pescate dalle pile instabili del mio comodino.
Maria Lucia
Sono cecata, come diceva Anna Marchesini, sono molto miope, come dico io quando cerco di giustificarmi con la gente che non riconosco per strada. Per cui da circa venticinque anni il primo gesto che faccio al mattino è allungare il braccio alla ricerca degli occhiali, senza i quali non mi alzo dal letto per nessun motivo. Va da sé che per me il comodino sia un mobile decisamente essenziale. In case non mie ho sempre avuto comodini standard, Ikea nella migliore delle ipotesi – una volta al posto del comodino avevo una mensolina che cadde sotto il peso dei libri. Da quando ho smesso di traslocare ho scelto un Kartell Componibile 3 elementi silver di cui vado molto fiera, ma che in cima non ha grande spazio di manovra. Vi trovano posto i suddetti occhiali, un elastico per i capelli (perché il secondo gesto che faccio è tentare in qualche modo di placare questa matassa informe), un bicchiere d’acqua, una lava lamp fluorescente regalatami dal mio capo che ben conosce la mia passione per gli anni Novanta, un e-book reader perché trovo che a letto si legga meglio in ePub, e i fazzoletti per cercare di tamponare i danni piangerecci che faccio spesso con alcune letture. Sono una monogama seriale, cioè leggo solo un libro alla volta, e al momento è Happy Hour di Mary Miller (Black coffee Edizioni)(è il libro del mese scorso del mio gruppo di lettura – sto cercando di mettermi in pari, sono rimasta indietro). Sotto all’e-reader, come mia personale bibbia, giace la copia Einaudi de Il mestiere di vivere di Cesare Pavese, tante volte mi venisse voglia di leggere un paio di paragrafi prima di andare a dormire (per tormentarmi le notti, ça va sans dire). Non c’è posto neanche per la cassa bluetooth che al momento giace sul pavimento in attesa di nuova collocazione. Forse dovevo semplicemente accannare il design e comprare un comodino più grande.
Giulia
Io un comodino vero e proprio non ce l’ho ma in compenso pile di libri e pure sparuti esemplari solinghi presidiano i punti-chiave della planimetria interna di casa mia, occupando, per quanto concerne la stanza da letto, un quarto buono della sua superficie calpestabile. Mi domando spesso se l’anelito inconscio – mio e del mio compagno – sia quello di riuscire un giorno, non troppo lontano, a pavimentare l’intera casa con volumi di ogni tipo, in attesa di acquistare una libreria che finalmente soddisfi le nostre esigenze, bibliofile ed estetiche. Quindi, se un comodino “fisso” sul quale far ruotare le letture del momento non c’è, ce ne sono molti passeggeri, dato che viaggio parecchio per lavoro. Su questi occasionali quadrupedi d’arredo solitamente sparpaglio piccole piramidi a gradoni di libri, che porto in viaggio con me, animata dalla pia illusione di riuscire effettivamente a leggerne uno o più – perché m’abbandono alla chimera d’avere addirittura il lusso della scelta – durante i trasferimenti o a fine giornata, dopo molte ore di lavoro, o ancora nelle pause: esagero e dunque fallisco sistematicamente, il fondo dei miei zaini cede quasi sempre prematuramente e la mia schiena inizia ad accusare il colpo. In questo momento, il mio comodino è quello di un hotel di Milano, molto minimal: armatura in alluminio, ripiani di compensato rosso con stampa simil-impiallacciata. Sopra, le letture di questo periodo: l’edizione originale di Tomorrow Sex Will Be Good Again di Katherine Angel (Verso Books), saggio su sessualità e desiderio femminile nella cosiddetta “era del consenso” (n.d.a.: di questo libro è da poco uscita la traduzione italiana a cura di Alice Spano e Veronica Raimo, Il sesso che verrà, per Blackie Edizioni). Ho portato con me in trasferta anche Racconto grosso e altri di Paola Masino edito da Rina Edizioni: l’ho letto qualche mese fa, quando è stato ripubblicato a 80 anni dalla prima comparsa, e ora sono in fase di rilettura. La scrittura di questa autrice ha una particolare malìa: mi capita raramente di rileggere testi amati ma in questo caso mi sono trovata davanti a uno stile che voglio capire in profondità, che voglio studiare, perché è dotato di qualità in ipnotica e allo stesso tempo d’una chiarezza esemplare. A far compagnia a questi due volumi, una pubblicazione recente che presenta l’Archivio fondo Carmelo Bene, istituito a fine estate all’interno del polo biblio-museale di Lecce, su cui sto studiando e, visto il travagliato momento storico e la necessità generale di provare a capirci qualcosa, un quotidiano comprato all’aeroporto di Brindisi domenica, uno dei giorni più neri della storia recente. Non manca mai un quadernetto di Mis(S)conosciute, stampato e rilegato a mano dagli amici di Else Edizioni: sulle sue pagine trovano spazio i (molti) progetti che con Maria Lucia e Silvia stiamo sviluppando in questo periodo e dei quali speriamo di darvi notizie molto presto. Dal comodino milanese, è tutto.