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Le mie letture

Una perfetta felicità di James Salter

Ho letto Una felicità perfetta di James Salter, edito da Guanda, con calma senza darmi tempi serrati per apprezzare pienamente una scrittura poetica e pungente, paesaggi magnifici e una storia malinconica in cui il passato conta meno del presente. 

Ad esser sincera alcuni passaggi li avrei tagliati, risultano un po’ ridondanti. Nulla di grave, però. Salter narra con coinvolgimento un dramma estenuante, fotografie sbiadite chiuse nei cassetti: la sua famiglia americana ha una data di scadenza. Come il latte.

In un’elegante casa vittoriana sulle rive del fiume Hudson, si consuma la parabola di una giovane coppia sposata. Viri è un architetto rampante e Nedra, affascinante quanto irrequieta, è destinata a curarsi della casa e delle figlie Franca e Danny ma «la adornano i sogni, che porta ancora appiccicati addosso». Una famiglia borghese che si circonda di amici e libri, le conversazioni non muoiono mai bevendo un ottimo vino.
Sullo sfondo si staglia New York – luogo di lavoro per Viri, di svago e commissioni per Nedra – che trattiene il profumo dei sogni, a volte rilasciandoli per ritornare a chi li possiede. Ecco che qualcosa affiora ma non esplode, entrambi entrano in quartieri fuorimano, lontani dal centro: «passione, energia, menzogne: sono queste le cose che la vita ammira». Viri «fa la spola tra una felicità e l’altra», un incantesimo conturbante che lo attanaglia fino alle viscere; Nedra rivela la «bocca grande, la bocca di un’attrice, emozionante, vivace». Bastano poche pennellate per far emergere i loro caratteri e nuove situazioni.
Si sgretola il nucleo, con una lentezza che diventa ambigua e stantia. La crisi individuale finisce per comprimere l’intera famiglia. Bugie sottili e, poi, accettazioni. Quei sogni, meglio ancora ambizioni, li allontano da ciò che è stato costruito. Volontariamente distruggono quella perfetta felicità, quell’impeccabilità brillante che fino al quel momento li aveva resi giudiziosi. Tuttavia, sopravvive la teatralità dell’apparenza prima di dichiararsi sconfitti. Sono uniti ma non rivelano nulla, diventano vigili a non tradirsi l’un con l’altra, fino a quando Nedra chiede a bruciapelo: «Viri, tu sei felice?». Ciascuno reclama i propri spazi, per cercare di recuperare l’amara delusione che coincide con il destino personale e con i capricci della Vita.
È primavera, i primi tepori si spiegano in questi sussulti dell’attesa che possono trovare adempimento con la prima calura. Così sarà. L’illusione di essere altro, la sensazione di freschezza dell’oceano su cui si affaccia la casa di Amagansett è di breve intensità, giusto il tempo di un bagno. Al primo mutare di foglie le delusioni riemergono e gli inganni si posano sulla neve. Cicli naturali che seguono due vie, la costrizione legata alle convenzioni sociali e la proiezione vivace contro un’esistenza sopita che include anche Franca e Danny. Chimere e prospettive che definirei da “interno giorno”.
Viri e Nedra vivono tutto ciò sul finire degli anni ’50, una storia che brilla e si spegne seguendo la luce, anni rassicuranti e fulgidi come indica il titolo originale, Ligth years e poi zone vuote e buie. Il tempo corre impietoso nella perenne attesa del sole: «abbiamo davvero una sola stagione? Una sola estate?».

 

Titolo: Una perfetta felicità
Autore: James Salter
Editore: Guanda
Traduzione: Katia Bagnoli
Pagine: 371
Anno di pubblicazione: 2015
EAN: 9788823509245
Prezzo di copertina: € 18,50