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Le mie letture

In Messico di D.H. Lawrence

I bianchi quando scrivono degli indiani, fanno sempre, o quasi sempre, del sentimentalismo.
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E così fanno tutti quanti, dagli antropologi ai trascrittori di miti. In tutti si ritrova la strisciante nota sentimentale che ci fa stringere nelle spalle e mandare gli indiani al diavolo nel mucchio delle romanticherie.
Bisogna sgonfiare l’indiano come bisogna sgonfiare il cowboy. Quando il cowboy è sgonfiato non ne resta nulla. Ma la romanticheria indiana non è invenzione dell’indiano. È nostra.
Per i bianchi è quasi impossibile avvicinare l’indiano senza sentimentalismo o senza avversione. Il bianco comune, voglio dire volgare e sano, prova sempre una certa istintiva avversione per questi tambureggianti aborigeni. E l’avversione si muta sempre in sentimentalismo.

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Le mie letture

Sul mare. Racconti di sole e di vento

Il mare è di cento colori, qua azzurro, là turchino, più in là violetto, più in là verde chiaro, verde cupo, giallastro, grigio, bianco… di cento colori. Se non lo avessi visto, non lo avrei creduto. E ora che ho preso un po’ di confidenza con lui…

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Le ombre della primavera di David H. Lawrence

È scritto nell’esergo, «L’amore è il fiore della vita: sboccia inaspettato e senza regole, e deve essere colto subito, ovunque lo si trovi, e goduto per quel breve attimo prima che appassisca». Un monito, una citazione dello stesso David H. Lawrence che svela la chiave di lettura di questa breve quanto densa raccolta di tre storie legate minutamente, Le ombre della primavera (Nuova Editrice Berti).