I bianchi quando scrivono degli indiani, fanno sempre, o quasi sempre, del sentimentalismo.
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E così fanno tutti quanti, dagli antropologi ai trascrittori di miti. In tutti si ritrova la strisciante nota sentimentale che ci fa stringere nelle spalle e mandare gli indiani al diavolo nel mucchio delle romanticherie.
Bisogna sgonfiare l’indiano come bisogna sgonfiare il cowboy. Quando il cowboy è sgonfiato non ne resta nulla. Ma la romanticheria indiana non è invenzione dell’indiano. È nostra.
Per i bianchi è quasi impossibile avvicinare l’indiano senza sentimentalismo o senza avversione. Il bianco comune, voglio dire volgare e sano, prova sempre una certa istintiva avversione per questi tambureggianti aborigeni. E l’avversione si muta sempre in sentimentalismo.
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