Il ritratto che campeggia in copertina appartiene alla tribù dei Cofan, una popolazione che vive nell’Amazzonia tra l’Ecuador e la Colombia. Lo sciamano ha un ruolo importantissimo all’interno della comunità: è una guida politica e religiosa, nonché grande conoscitore di erbe medicinali per la cura delle malattie. È riconoscibile dalle piume di pappagallo che adornano il suo capo, da collane e braccialetti colorati. Vivono in territorio costantemente minacciato dall’ingerenza dell’uomo, intrappolato nelle logiche del denaro e del petrolio.
Questo è uno dei ventisei popoli di cui Liuna Virardi parla in Abc dei popoli per Terre di mezzo, un agevole atlante che viaggia intorno al mondo, un’esplorazione di alcuni gruppi etnici.
Tra quelli più conosciuti balzano in primo piano i Maori della Nuova Zelanda, la loro danza ripresa dalla nazionale di rugby prima del fischio della partita, conserva sempre l’aura di fascinazione e timore; poi ci sono i Rapanui dell’Isola di Pasqua e loro altissime e misteriose statue; i gitani che hanno subito molte persecuzioni nei secoli; i Tuareg, i nomadi del deserto sahariano, con il turbante indaco e che sorseggiano il tè alla menta; i Kayan le cui donne indossano anelli intorno al collo.
Indossano abiti vistosi, si decorano il corpo con la terra o pigmenti, intonano canti propiziatori, sono in contattato diretto con la natura, le credenze che ne segnano la quotidianità.
Il libro si presenta come un dizionario antropologico dalla Russia dei Vepsi ai Suma dell’Etiopia e del Sudan, dalle praterie nordamericane dei Piedi neri ai Banjara della penisola indiana.
Non vi nascondo di avere una predilezione per gli Uru, discendenti degli Inca, che costruiscono isole galleggianti fatte di totoral, una vegetazione che cresce intorno al lago Titicaca e hanno il sorriso morbido e contagioso dei sudamericani. Vi ho riportato l’esempio che più mi ha colpita, ma di curiosi ne è tappezzano le pagine. Come le donne dei Jino che mangiano uova sode tagliate a metà per scongiurare malanni ai loro figli.
Ciascuna etnia ha una sua precisa carta d’identità costituita da provenienza, usi e costumi; una breve scheda introduce alla loro conoscenza e a una galleria minimalista. Abc dei popoli è costruito intorno alla combinazione di pochi elementi geometrici – triangoli, cerchi, ghirigori: assemblandoli e scombinandoli ci restituiscono un ritratto stilizzato dei popoli. Un tondo, un chicco, due semicerchi e un altro tondo raffigurano i Lisu del sudest asiatico oppure un triangolo, un linea retta e un semicerchio danno gli Omo Masalai, definiti “ballerini scheletro”. Accostando più figure e scombinandole nascono profili persino inediti. Infatti, i bambini potranno cimentarsi in un laboratorio creativo in cui ricomporre forme per reinventare e popolare il mondo.
La combinazione degli elementi sottolinea la comune origine seppur nella diversità. Ed è proprio questa caratteristica che deve essere salvaguardata come ricchezza comune, patrimonio dell’umanità. «I popoli della Terra sono tanti, ma tutti abbiamo le medesime radici».
È un modo per celebrare la Madre Terra come fanno gli Aymara delle Ande, che loro chiamano Pacha Mama (Dea della fertilità), cuore pulsante del nostro esistere.