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Le mie letture

Il tempo e l’acqua di Andri Snær Magnason

È il 1997, Andri Snær Magnason inizia a lavorare per l’Istituto di studi medievali Árni Magnússon, a Reykjavík. Negli archivi scova nastri magnetici, registrazioni che vanno dal 1903 al 1973. Si tratta di materiale di gente comune, volti e quotidianità che altrimenti perdute, per incuria e per progresso tecnologico.

Coì spulcia nei cassetti di famiglia, presto si accorge che quel recupero aiuta a salvaguardare le esistenze:

L’idea di catturare il tempo mi affascinava. Mi rendevo conto di avere intorno molte cose di valore che presto sarebbero scomparse […].

Il tempo e l’acqua di Andri Snær Magnason (Iperborea) è un esperimento curioso – divulgazione, album familiare tanto che è corredato da fotografie, esperienze personali, suggestioni mitologiche e religiose, viaggi –, il filo conduttore è una domanda: cosa si perde nel tempo?

Presto la faccenda si allarga, prende pieghe differenti fino a inquadrarsi nell’ambito climatico: quale eredità lasciare alle successive generazioni?

Nel 2019 il primo ghiacciaio islandese Okjökull si è estinto, completamente sciolto. Lo stesso autore ne fa firmato una nota commemorativa. Persino da noi è stato lanciato l’allarme per il repentino ritiro dei ghiacciai perenni alpini. Sono degli esempi di come la gravità della situazione non può essere circoscritta a un’area del pianeta, ma riguarda tutti. Perché l’incidenza umana è il fattore più importante, tanto che quest’epoca è stata definita Antropocene.

Possiamo aggiungere l’impatto delle attività produttive, il turismo di massa che ci vuole a tutti i costi a fissare balene in mezzo al mare, fotografarci in vetta a una montagna: per collezionare esperienze invidiabili, incuranti di tormentare la natura.

A un tavolo di un ristorante quest’estate la conversione sul disastro della petroliera alle Mauritius, verteva non sulla distruzione di un ecosistema ma sull’impossibilità di soggiornare sulle isole. Ecco, come ridurre la natura, seppur antropizzata, ha un unico scopo: generare profitto, deve essere usata. Non è patrimonio.

Perché non ce ne (pre)occupiamo?

La tangibilità degli eventi non è così misurabile nell’immediato, a meno che non si tratti di un’alluvione, incendi, siccità, estinzione di alcune specie vegetali e animali: la nostra epoca è quella più segnata.

Per parlare della Terra dobbiamo adoperare le parole della scienza, delle emozioni, della statistica o della fede? […] Che cos’è la Terra? Materia prima sottoutilizzata?

Statistiche, numeri, gergo scientifico non ci allarmano perché incomprensibili. Infatti, è una questione di linguaggio. Se alcuni concetti in merito sono stati assimilati, in altri versi risulta difficoltoso dare una svolta alla nostra presenza terrena.

Le nostre scelte dipendono da noi, il voto è un grande potere, come il rispetto dei diritti e la possibilità di un cambio radicale del nostro stile di vita, santificato al consumismo e all’idea della facile soluzione.

Siamo chiamati a sforzi e rinunce che inevitabilmente ricadrebbero sull’economia, forse socialità, altrimenti la crisi ecologica potrebbe portare a divisioni, guerre di carestia nel futuro più prossimo.

Il libro di Andri Snær Magnason ha il pregio di essere accessibile, non una voce flebile anzi è più convincente che mai. E dobbiamo ascoltarla.

In questo momento storico il tempo geologico, climatico e umano coincidono: «dipende da noi, da che cosa facciamo adesso.»