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Le mie letture

Playlist di febbraio, un lampo

Sì, questo mese è passato in un lampo, portandomi tanti fermenti buoni e più spiacevoli. La velocità con cui si verificano non ti permettono di capire un granché, nemmeno dei momenti più sereni. Devo anche dire che non ho mai amato febbraio, mi sono sempre sentita sospesa nei primi mesi dell’anno, a trovare ancoraggi.

Finisce febbraio, come è arrivata la pioggia in questi ultimi giorni. È liberatorio dirlo, seppur non sia risolutivo rispetto alla siccità dei mesi scorsi, una lunga siccità. Potrebbe essere autunno, più che l’ultima coda dell’inverno. Piove, è comunque un bene.

I libri

Il primo pensiero del mattino mi guardava dalla mia libreria da giugno 2023, da quando lo avevo acquistato alla presentazione. Era un bel tardo pomeriggio estivo, l’incontro si svolgeva in una piazzetta più riparata dal via vai urbano del centro, in prossimità della Nuova editrice Berti. Era presente la scrittrice Francesca Ekwuyasi. Ricordo la sensazione di essere stata in una stanza ovattata, la buona impressione che l’autrice mi aveva suscitato, soprattutto attraverso il suo racconto. Perché ho aspettato tanto? Non lo so. Non c’è mai una risposta certa e netta quando si rimandano le letture.

Il titolo italiano, una libertà rispetto all’originale, Butter honey pig and bread(trad. di F. Cosi e A. Repossi) – che corrisponde alla struttura del libro diviso in quattro parti –, Il primo pensiero del mattino, per me è poetico, fa pensare all’idea di cura verso qualcuno.

È un racconto corposo, ben articolato per essere scritto da un’esordiente.

La storia ruota intorno a tre donne, Kambirinachi crede di essere un Ogbanje, ovvero uno spirito malvagio che potrebbe portare disgrazie nella famiglia, e delle due figlie gemelle, Taiye e Kehinde. Le due sorelle sono divise, oltre che dalla distanza fisica, intraprendendo ciascuna un percorso personale, persino da un evento traumatico accaduto in giovane età. «E quando Kehinde è stata ferita, Taiye è annegata nel dolore».

Taiye si è punita fino allo sfinimento per non essere stata d’aiuto alla sorella. Tuttavia, in questi lunghi anni è riuscita finalmente a dare una forma a sé stessa. 

Anche la madre Kambirinachi ha un passato amaro, legato alla sua nascita e agli spiriti che la tormentano e che hanno minato la vita delle persone più care.

Il romanzo parla di identità, dolore, sorellanza in un movimento che regala a ciascuna di loro una propria voce e prospettiva.

Non per ultimo il cibo che sugella ogni pagina: piatti nigeriani succulenti, sperimentazioni occidentali, tante sono le ricette e le golosità. Si peregrina tra Lagos, l’Europa e il Canada e ritorno: perché le tre donne si rincontrano in Nigeria dopo 10 anni. Dunque, dopo tutto quel tempo, Taiye si trova in cucina a mescolare spezie, condimenti, verdura: «il primo pensiero del mattino fu per la sorella Kehinde».

Nel mentre ho infilato due saggi, che seguono il filone tematico: il corpo femminile nello spazio urbano. La città femminista di Leslie Kern (trad. di Natascia Pennacchietti, Treccani libri) è stato per me illuminante, non ho mai riflettuto sugli ostacoli urbani che impediscono alla donna di realizzare i propri desideri e di muoversi in libertà, senza subire la paura. Si parla proprio di architettura, principi che muovono amministrazioni e addetti ai lavori a determinate scelte. È la nostra quotidianità.

L’altro è citato nel precedente, Flâneuse di Lauren Elkin (trad. di Katia Bagnoli, Einaudi): in questo caso è la strada a diventare oggetto di studio, in particolare come le donne l’abbia occupata. Gli esempi sono illustri, meno noti, personali. Accanto a Elkin stessa, si profilano Agnès Varda, George Sand, Martha Gellhorn, Jean Rhys, Virginia Woof: attraverso libri, film, articoli di giornale ciascuna si è presa il suo spazio, ha lasciato uno sguardo nuovo su un territorio quasi inaccessibile.

Ogni tanto ho avuto la sensazione che andasse fuori tema, ma è stato un punto di vista arricchente.

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