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Fuori dai libri Le mie letture

Playlist di gennaio, quel mese infinito

E alla fine o all’inizio arriva gennaio. Secondo la mia percezione è eterno, trentuno giorni interminabili. Sarà perché dopo le feste natalizie non si avvistano altri appuntamenti, occasioni che fanno accelerare le ore, anzi è un mese che si comporta come la goccia d’acqua di un rubinetto difettoso.

E per di più per me non è nemmeno tempo di bilanci né di propositi, non ci credo, mi procurano solo delle grandi delusioni e aspettitive che non riuscirei a mantenere. Il nuovo anno non è che la continuazione del precedente, un’eterna catena.

Fa solo freddo, l’unico aspetto degno di nota.

I libri

Intorno al fuoco (a cura di Bruno Berni) è il secondo libro dell’anno, che mi ha portata verso il Grande Nord. Si aggiunge alla collezione fiabesca di Iperborea un nuovo volume, che forse è il mio preferito tra le proposte.

Il titolo «tutto ciò che contiene è stato raccontato intorno al fuoco del kote, che dopo le renne è quanto di meglio i sami possiedono».

Emilie Demant Hatt, una pittrice danese, ha avuto la sua folgorazione incontrando i sami del territorio svedese, tanto da dedicarsi con passione, seppur il suo lavoro di ricerca non sia mai sfociato in qualcosa di più articolato di questa raccolta. I suoi incontri con i sami sono datati a inizio ‘900.

Inoltre, è tra i più completi dell’intera collana, con un glossario, note su molte testi che li contestualizzano.

Vivere ai margini della civiltà ha contribuito a conservare la selvatichezza dei racconti, lontano dalle contaminazioni. La natura e i grandi spazi, il freddo insopportabile, i boschi, insieme a un credo primigenio fatto di divinità, spiriti.

Le fiabe e soprattutto le storie nascono intorno al focolare, dove «è possibile esprimere l’orrore e la magia generati dall’oscurità».

«Gli anziani credono che non rispettare le regole nella gestione del fuoco porti qualche disgrazia. Per i sami, il fuoco è qualcosa di più che luce e calore: è un amico e compagno. Stargli vicino significa essere al sicuro, dove arde il fuoco c’è la casa».

Un legame che si protrae attraverso la betulla e il pino dei quali bruciavano il legno e incidevano occhi per vedere che bruciava bene.

I racconti si arricchiscono di animali, su tutti le renne, «la misura del valore per i sami», fonte di sussistenza; quindi sì, sono le coprotagoniste.

L’influenza europea, scarsa per fortuna, si intravede in alcuni testi, persino i segni della forzata conversione al cristianesimo, accenni alle discriminazioni subite e il riferimento alla lingua pura del popolo nordico.

Il pericolo arriva da est, i feroci ciudi o gareljak careliani per intenderci, nemici reali: nominarli è già terrificante, averci a che fare è uno dei peggiori incubi.

Aggiungo una nota a margine: la visione di Samiblood di Amanda Kernell, già consigliato in una precedente Playlist.

Quando un libro inizia dalla fine sembra che non ci sia più nulla da scoprire, invece la curiosità non cede. Come nel caso dell’ultimo libro di Paolo Malaguti (Einaudi), Il Moro della Cima.

Nell’autunno del 1951 la notizia gira «più veloce del vento caldo che scende giù talvolta dalla montagna»: il Moro è in fin di vita.

Moro Fraun, all’anagrafe Agostino Faccin, nato a Boso il 4 novembre 1866: non si comprende bene nemmeno perché gli sia stato attribuito quel nome.

Il Moro si presenta con la giacchetta di velluto, la spilla d’argento con le due piccozze del Club alpino di Bassano, burbero e estroso, grande osservatore e conoscitore di una montagna che ha conosciuto da bambino. Prima di allora è confinato intorno al paese. Tutto cambia quando parte per il pascolo con Menico.

[…] Allora non conosceva la montagna, non sapeva il nome delle cime minori e dei pianori […], nondimeno lo spettacolo che si disvelò ai suoi occhi gli fece sentire per la prima volta in vita sua come un turbine nei polmoni, un fiotto di aria fresca che lo fece rabbrividire di gioia.

È più di un profilo per gli occhi, un numero sulla mappa, fatta di boschi, verde a perdifiato, malghe, vette taglienti, cieli morbidi e ribelli. È la Grapa, senza doppia, così materna e sacra.

Ma sul Novecento spirano venti non confortanti. Il Moro assiste alle metamorfosi dei suoi luoghi, dai feroci colpi di cannone, alle celebrazioni monumentali, all’arrivo del turismo di massa, ai virili cambiamenti linguistici. Tutto questo è il racconto, in una scrittura immersiva di dialetto e silenzi, di un camminatore e di una montagna violata.  

Le curiosità

Osservare le stelle

Puffin illustrati

Ecologica

A inizio anno è sempre tempo di bilanci (contraddico la premessa di questo articolo) In questo caso esaminiamo il nostro percorso di sostenibilità, chiediamoci quali abitudini e prospettive abbiamo rivalutato, se siano stati efficaci, in cosa possiamo migliorare, quanta fatica ci sono costate, se l’approccio ha radicalmente cambiato il nostro modo di percepire la realtà.

Fermarsi e capire cosa intendiamo fare per la Terra, perché la politica non ha alcuna visione futura. E le grandi rivoluzioni iniziano da noi.

Il film

Aftersun di Charlotte Wells (2022)