Per il secondo anno mi sono presa i miei tempi prima di fare un bilancio delle letture del 2022, sia perché non tollero più la fretta smaniosa che colpisce quotidiani, siti, riviste soprattutto d’oltreoceano, sia perché spero in un colpo di coda che mi sorprenda sul finale. In genere non accade.
Faccio il punto: ho letto meno rispetto agli anni precedenti ma non ne faccio un cruccio né una gara anche perché c’è la vita che bussa alla porta e non ha nulla a che fare con i libri. Ho avuto più cali durante la seconda parte dell’anno. Entrando nel dettaglio, è stato un soddisfacente 2022, Di alcuni non c’è traccia né sui fogli, né sui social o piattaforme digitali, non appunto ogni cosa. Poche le letture che non mi hanno colpita. Se un libro non mi piace non mi impongo nemmeno più di terminarlo o al massimo rimando la lettura a tempi più sereni. Ma se anche la seconda o la terza volta non va, allora capisco che è meglio lasciare perdere. Tanto perderei comunque io.
L’anno in breve. 36 sono state le autrici e ci tengo a precisare che in molti casi sono arrivate “spontaneamente”, da suggestioni legate ad altre, senza seguire mode. In generale trovo molta affinità con le scritture femminili. Poi, ho mi sono concessa tante pause, soprattutto quando avevo la testa piena di cose. Non si tratta di blocchi da lettrice, piuttosto di pensare al di fuori delle pagine.
Cosa è mancato? La rubrica con le copertine dell’anno, non riesco più a stare dietro a tanti ambiti editoriali; gli albi illustrati, davvero risicati, così come i graphic novel, perché poco ispirata o comunque non sono stati oggetti di ricerca.
Dunque qui in basso i dodici titoli in ordine cronologico, tranne gli ultimi tre, i più apprezzati.
Buon 2023 di letture
Nei Balcani e nei ricordi di una madre vive tutto un mondo che non c’è più, soprattutto nel Quaderno scomparso a Vinkovci. Gli elementi interessanti sono proprio quel tripudio di vita e la doppia prospettiva con cui Dragan Velikić narra la sua storia.
Nel 2022 mi sono misurata per ben quattro volte con la letteratura greca moderna, me la sono andata proprio a cercare: tra le più felici scoperte è Sogno sull’onda di Alèxandros Papadiamandis (Aiora) è una raccolta di storie fuori dal tempo, bucolico e marino di Skiathos, in cui si esplora il destino dell’uomo.
Un libro in versi che è anche un eserciziario: Lo spazio tra i fili d’erba di María José Ferrada e illustrato da Andrés López (Raum Italic) pone l’accento sull’osservazione della quotidianità, sul meravigliarsi lontano dagli schermi.
Recuperato dove doversi tentennamenti, non per scarso interesse, ma piuttosto per dedicargli il momento giusto: Passaggio in ombra di Mariateresa Di Lascia (Feltrinelli) arriva per l’intenzione di recuperare le autrici italiane dimenticate. In queste pagine c’è una scrittura di qualità, saggezza e quell’intensa volontà di far sentire la propria voce.
Di questa selezione la sorpresa viene un’inedita Lucy Maud Montgomery, per argomenti e una cronaca così dettagliata, sensoriale. In I boschi e le stagioni (Lindau) è davvero una passeggiata estemporanea nel bosco Ecco, sembra davvero di percorrere quei sentieri e osservare le metamorfosi della natura.
Un altro libro sulla natura è Essere lupo di Kerstin Ekman (Iperborea): pur essendo lontano dai generi con cui normalmente mi misuro, la chance è confronto riflette, sui fragili equilibri naturali, il cambiamento climatico e sulla necessità di considerarli emergenza. Non temete, la storia è tipicamente nordica.
Anche Fausta Cialente segue lo stesso percorso di Mariateresa Di Lascia. Un inverno freddissimo (Nottetempo) racconta il dopoguerra, per me ha grande rilevanza il contesto: la vita complicata in una città respingente come Milano. L’affannarsi per definirsi in mezzo alla moltitudine soprattutto se si è donne. Non è cambiato molto da allora. Cialente è raffinata, orchestra bene la sua storia.
È difficile che un racconto natalizio entri tra i miei preferiti dell’anno, però Astrid Lindgren esercita su di me il suo carisma. Il mio piccolo Natale (Mondadori ragazzi) è una storia minuta, di affetti e preparativi: l’autrice ci porta nella sua casa, nella sua infanzia. Forse non brillerà per originalità, ma resta un ricordo intimo.Finora inedito in Italia, è il suo ultimo libro con la macchina per scrivere.
Sul podio. Sono quattro in realtà.
Natalia Ginzuburg raggiunge, da qualche anno a questa parte, le prime posizioni. La scelta di Tutti i nostri ieri (Einaudi), pubblicato prima del più noto Lessico famigliare, è dovuta alla bellezza del titolo. È un romanzo senza dialoghi – nella prefazione l’autrice spiega il perché –, di un’Italia intima alle prese con il dramma della guerra. A un certo punto Anna, la protagonista, sembra prenda in mano la narrazione.
Storia del mare (Laterza): è un manuale di storia e geografia con in più il gusto della curiosità, lo sguardo acuto di Alessandro Vanoli, già conosciuto in un’altra occasione. Sembrerà strano che un libro simile possa arrivare in fondo alla selezione, sono temi che mi interessano (mare, storia, viaggi, antropologia) che mi aiutano a colmare lacuna, a leggere il presente. Navigare questo mare è stata un’impresa coinvolgente, arricchente.
Può un libro di esordio avere questa maturità stilistica? La risposta, a mio avviso è da rintracciare nella letteratura del secolo scorso. Che cosa imprevedibile è stato L’anima degli altri (Cliquot): i diciotto racconti di Alba De Céspedes sono cristallini, senza sbavature. Apre porte, si insinua nei giardini e nei turbamenti dei suoi personaggi, così reali.
Altra meraviglia, letto con la certezza delle aspettative, è Tre estati (Crocetti). Margarita Liberaki in tre tempi, estati appunto, segue la voce di in una Grecia verdissima, lontana dal mare. È un racconto fuori dal tempo, ma così presente, libro luminoso, che sa di eterna giovinezza, di segreto sussurrato all’ombra di un albero.
Dunque, non sapendo scegliere o non volendo, le due autrici hanno scritto i libri più belli dell’anno.