Ogni tanto ho delle epifanie, se così si possono definire. Questa è tutta estiva. Un giorno, appena passate le 13:00, mentre tornavo a casa in bici, mi è arrivata al naso una nuvola di cocco. Nei paraggi c’era della gente, ma non riuscivo a chiarirmi l’origine. Non so se fosse un profumo, un sapone o altro, ma per me era una crema solare.
Si è aperto uno squarcio, subito sono piombata in una spiaggia degli anni ‘90, con i miei numerosi cugini i cui genitori si spalmavano di un solare o olio abbronzante alla profumazione al cocco. Credo fosse Bilbao dalla bottiglietta spray marrone. Di quell’odore ero inebriata, così esotico, così artificiale da stordirmi e che si declinava poi in gelato-arbre magique-bagnoschiuma. Aggiungo anche i venditori di cocco bello non hanno mai preso piede su quelle spiagge, sono stati delle comete.
I giorni al mare sembravano infiniti, spensierati. Persino con le improponibili paste fredde che loro mangiavano, che guardavo sempre incredula. Per me al mare si doveva mangiare il panino, anzi non vedevo l’ora che si presentasse l’occasione come momento che rompeva l’abitudine della tavola con le solite portate.
È stato un tuffo e sono tornata a quelle stagioni ormai irripetibili.
I libri
Sembra quasi una coincidenza, anche nei Giorni del mare (trad. di Maria Sole Iommi, Atlantide) si parla di ricordi. Senza dubbio sono stata suggestionata dal titolo che mi ha portata subito in Bretagna accecata di luce, tetti ardesia, cieli variabili e per un po’ di cinema di Éric Rohmer.
Pierre Adrien ripercorre quei giorni marini, infiniti come solo l’infanzia è in grado di percepirli come tali.
«I momenti importanti avevano luogo in estate. Durante le vacanze succedevano cose incredibili».
Lo scrive lo stesso autore al capitolo quattro: si susseguono simili tra loro, pieni di scintille nonostante tutto. Sono giorni in cui il presente, adattato all’età adulta, rinvigorisce ripensando al passato nostalgico. Ogni estate può essere l’ultima, eppure ogni anno ci si ritrova lì. Non si può che essere lì anche superata la fase dell’adolescenza.
Chi narra resta ancorato a quella casa bretone, ritrovo puntuale di tutta la famiglia. Tornarci procura un senso di straniamento per la distanza da quel tempo e da quei luoghi. È un libro in cui non accade nulla perché tutto già accaduto, persino quando avviene l’irreparabile che si fatica a comprendere come una stagione sia irrimediabilmente terminata.
«Ci era voluta un’estate qualunque, simile alle altre, perché io mi rendessi conto che il tempo passava e che in me già esisteva una prima vecchiaia.»
Per certi versi ho pensato alle Guerre preziose di Perrin Tripier (Edizioni e/o), hanno tanti punti in comune, seppur gli esiti e la prosa siano diversi. Perché ci sono una grande casa, una famiglia che si tiene stretta, un album di cose perdute.
Leggete Alba de Céspedes. Non mi stancherò mai di dirlo. Per la prosa densa e chiara, per l’attualità degli argomenti, come potrei definire secolari.
Invito a pranzo (Cliquot) è del 1955, usciva lo stesso anno di Prima e dopo; prende il titolo da un racconto contenuto nella raccolta – in totale 18.
Ci siede alla tavola dell’autrice, ci si sente accolti negli spazi intimi, subito dopo emerge un elemento di rottura, l’incanto è spezzato. Quel che De Céspedes mette in scena è il conflitto dei legami, a volte si apre alla violenza, altre si fa incomunicabile, da privato diventa pubblico proprio perché lo sguardo è collettivo, giudicante, affossante. I personaggi, per lo più femminili, sono costretti a recitare i ruoli che la società impone, soprattutto per essere percepite come prive di dignità, forza morale. Per Maria nella Sposa, la situazione non cambia con il matrimonio rispetto quando era a servizio presso una famiglia borghese: «Domani» diceva. «Sarebbero usciti tutti, l’indomani, e lei sarebbe rimasta lì a spazzare, lavare, cucinare, faticare, come se avesse soltanto cambiato padrone». Anche Lucia in Rosso di sera a un certo punto sente un moto di ribellione: la servitù quasi un di un obbligo ereditato, «connaturato col fatto d’esser donna». Poi ci sono Velia, Laura che in qualche modo sono più consapevoli e agiscono per allontanarsi da quegli uomini opprimenti che non consentono l’indipendenza. Anche loro, come molte donne, sono addolorate sono vetro.
Le curiosità
Quanto valgono le medaglie olimpiche
Ecologica
Legumi, farine e cerali, con il caldo c’è il rischio che si possano formare le cosiddette farfalline.
Ecco alcune semplici soluzioni per evitare questi spiacevoli fastidi: conservare legumi e cereali nel frigo; per le farine, oltre in un luogo buio e fresco, si possono aggiungere nel sacchetto un paio di foglie secche di alloro perché è un ottimo repellente. Questi accorgimenti si possono usare tutto l’anno.
Il film
The quiet girl di Colm Bairéad (2022)
Lo trovate su Raiplay, è tratto da questo libro