C’è una strada di campagna che mi piace frequentare, è circondata dalle robinie profumatissime, da cespugli di rose canine: al mattino presto è un trionfo di luci e suoni. È un momento che mi isola da tutto e mi fa bene.
Con i fiori, le giornate più lunghe e tiepide (spesso afose) è maggio a fare la primavera. O almeno nel concreto la si percepisce di più rispetto ai mesi precedenti.
Però al tempo stesso, penso che tra venti giorni circa sarà estate…
I libri
Si torna in Via dei Giardini numero 10, Felicita sala ci riporta nel più noto condominio francese. Questa volta si tratta di Ricette dai balconi, dai tetti e dai giardini: dunque, Un anno a Fleurville (Rizzoli).
Rispetto a Una festa in Via dei Giardini, la scena si sposta, in buona parte dei casi, dalle cucine dei condomini agli orti – sui tetti, sul balcone, urbani, nei giardini pubblici, improvvisati –, allestendo un ricettario mensile, con ingredienti, dosi e procedimento. Una sorta di calendario stagionale della biodiversità, con consigli pratici sulla coltivazione.
A maggio per esempio, «poco lontano, su un balcone, la signora Cardi immagina come sarebbe vivere dentro un baccello di piselli. Al calduccio, nella rotondità perfetta, nella gioia perfetta». E si appresta a preparare una vellutata di piselli, menta e basilico.
Coltivando un piccolo orto, persino dentro un vaso, si scoprono i valori della cura, della libertà al di fuori delle mura domestiche (l’autrice pone l’accento sul periodo pandemico, durante il quale è nato il libro), della condivisione e della comunità. Anche perché poi arriva la stagione dei picnic e tutta la città si anima.
Fin dall’uscita lo avevo puntato, attratta anche da copertina e titolo. La sorpresa è stata trovare una lettura scorrevole, catapultata al momento giusto.
Nella campagna del Sussex, più precisamente a Ditchling, si trova Il cottage degli uccelli. Eva Meijer (trad. Stefano Musilli, Nottetempo) ricostruisce la vita Len Howard, una figura dimenticata, che si è dedicata allo studio delle cinciallegre, in particolar modo. Ha scritto libri, seppur oramai non più pubblicati, risentendo dello snobismo del mondo accademico, che non le ha mai riconosciuto il suo lavoro, perché di tutt’altra formazione. Len suona il violino e suoi piani sono nella musica, ma rivela fin dalla giovinezza i suoi veri interessi, una natura caparbia e anticonformista.
L’autrice romanza in qualche modo la sua biografia, avvalendosi di fonti certe e diari, che ne intervallano la narrazione.
Nella curiosità per i canti e i comportamenti degli uccelli vedo qualcosa di metaforico, un prolungamento o evoluzione della musica suonata durante la giovinezza. Insomma, Len aveva l’orecchio allenato.
A questo libro avrei voluto dedicare un approfondimento, per ragioni sentimentali, ma per altrettanto pratiche – non ci sono riuscita, ma chissà che non ci ripensi.
Gli invisibili di Roy Jacobsen (trad. Maria Valeria D’Avino, Iperborea) mi riporta in quell’angolo di terra che ho visitato quattro anni fa (oddio, come passa il tempo!). Alle Lofoten ci sono stata, conosco quei paesaggi, i colori, la solitudine di trovarsi lì, ancor più viverci. Qui diventano dirimpettaie, se vogliamo, dei protagonisti di Jacobsen.
Barrøy è un’isola minuscola, «un sasso nero sull’orizzonte», a sud dell’arcipelago delle Lofoten; l’abitano Hans, Martin, Maria, Barbro e Ingrid. Solo Maria proviene da un’altra isola, Buøy, il suo termine di paragone, «la vista sulla sua infanzia».
Il tempo si srotola e si arrotola senza datazione, se non attraverso gli anni di Ingrid, la più giovane della famiglia, e dalle notizie che arrivano dal continente.
È scandito dalla quotidianità, definiti impropriamente riti, di gesti e incombenze in un territorio e clima aspri e difficili (la stessa narrazione risente del gergo tecnico): dalla partenza di Hans per la pesca invernale, dalla raccolta del fieno durante la bella stagione. Sembra tutto immobile e impenetrabile, ma non lo è. Inevitabilmente, gli eventi sorprendono tutti i componenti, ne modificano il corso delle storie personali.
A mio avviso, è l’isola a essere protagonista, tanto che più occasioni apre gli incipit, il suo ritratto non è semplice contorno: è arcobaleno durante i giorni d’autunno, dai capelli candidi quando nevicherà, ancora di più l’insularità che ne plasma i caratteri e le successive azioni.
Aspetto il secondo, il terzo e il quarto capitolo di questa saga familiare.
La maternità è un argomento alquanto complicato da affrontare da qualsiasi angolazione lo si prenda, entrano in gioco soggettività impossibili da catalogare. Il secondo incontro con Jazmina Barrera, dopo i fari, riparte da qui. Linea nigra (trad. di Federica Niola, La Nuova Frontiera) si può definire un diario della gravidanza, considerata un’idea inflazionata, e al tempo stesso prende il posto di quel progetto di scrittura che le aveva fatto ottenere qualche mese prima una borsa di studio.
Si compone di frammenti senza cronologia apparente, seguono un flusso di movimenti concreti, per prendere coscienza di quel passaggio dall’essere figlia all’essere madre.
Cos’è la linea nigra? «Nella mia pancia si è andata delineando lentamente una linea scura», che orienta il neonato nel trovare il seno materno. «Il mio corpo si sta riempiendo di segnali per qualcun altro».
Barrera riflette molto sulla metamorfosi in atto – di quel che non sarà più – dal punto di vista fisico e mentale; pur calcolando ogni passo, si resta investiti da questa onda che è la maternità. E non manca di raccontarlo attraverso l’espediente narrativo che ha già caratterizzato il suo primo libro: il collezionismo. Tra le sue memorie e considerazioni si fanno largo suggestioni e letture (elencate alla fine del libro): i mexica, Shirley Jackson, fotografia, Frida Khalo, Frankenstein, Luz Jiménez, Tina Modotti, per citare alcuni esempi. Dunque un catalogo meraviglioso di simboli, perplessità, certezze, stravolgimenti.
Questo è un viaggio intimo attraverso le trasformazioni del corpo: «la gravidanza è una trasformazione nel tempo, è un conto alla rovescia, e in questo, che lo voglia o no, c’è una trama, c’è un racconto».
Le curiosità
Segreti e ispirazioni sui costumi di Downton Abbey 2
Ecologica
La protezione solare importantissima tutto l’anno, soprattutto in questi mesi che trascorriamo molto tempo fuori casa e non solo in vacanza, per le scampagnate di una giornata. Non mi avventuro nell’argomento spinoso dei filtri, non saprei come districarmi, pongo l’attenzione sulla confezione. Da qualche anno viene proposto l’alluminio per ridurre la plastica e eventuali abbandoni sulla spiaggia, per una maggiore igiene e conservazione del prodotto, qualche marchio la propone in un pratico stick in cartone. I risultati della mia ricerca: Bioearth; La saponaria; Acqualai; We love the planet; Suntribe; 4People who care; Sol de Ibiza.
I marchi stranieri sono reperibili su molti negozi on line italiani.
La canzone
Hold me closer di Cornelia Jacobs (2022)
Il film
Imprevisti digitali di Gustave Kervern, Benoît Delépine (2020)