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Le mie letture

Playlist di marzo e aprile, c’è sempre una prima volta

Sì, come per ogni cosa. In questo spazio è la prima volta che fallisco un appuntamento della playlist mensile: ho saltato marzo anche per pigrizia. Faccio sempre più fatica a incastrare le cose, quando ho un momento libero evito di accendere il computer. Rifletterò sull’eventualità di sintizzare ulteriormente parole e tempo.

C’è Pippi Calzelunghe in copertina – invece questa è la seconda occasione in questa sede – per celebrare i suoi ottant’anni. Sono sincera, non sono una sua fan, però Astrid Lindgren è la mia autrice nordica preferita, perciò non posso esimermi dall’omaggiarla.

I libri

Lettonia, Estonia e Lituania fino all’indipendenza del 1991 venivano pensate un tutt’uno con l’Unione Sovietica, ancora tese a emanciparsi dal passato russofono, per divenire cosmopolite, occidentali.

Se Paesi baltici – The passenger magazine (Iperborea) attraverso gli occhi di chi sa offre un quadro fortemente reale, non edulcorato, labile di quei confini interni in cui alcune etnie non trovano spazio; Anime baltiche di Jan Brokken (trad. di C. Cozzi e C. Di Palermo, Iperborea) narra le vite apparentemente minuscole diventate giganti di protagonisti, tenute tutte insieme da un unico pensiero: non venir meno alla propria identità multipla.

Anche trenta, quarant’anni dopo non riusciva a «perdonare» di essere stato trapiantato in un paese dove non si sentì mai «del tutto a casa».

Attraverso un denso percorso biografico e fisico intrapreso dall’autore olandese, vengono a galla ferite rintracciabili nella Storia, nel paesaggio, negli ostacoli, nelle vite esiliate, spezzate, costrette alla metamorfosi.

Due titoli che si prendono la mano, che ho voluto leggere uno dopo l’altro per non perdere qualcosa.

Di quel blocco d’ambra che sono i paesi baltici, Königsberg e Riga rappresentavano la facciata occidentale, tedesca; Tallin e Tartu quella settentrionale, scandinava; Daugavpils e Vilnius quella orientale, russa.

Ho conosciuto Esther Kinsky con il sorprendente Rombo, nonostante abbia alle spalle molte pubblicazioni poetiche. Con Di luce e polvere (trad. di Silvia Albesano, Iperborea) il tono si fa molto malinconico.

Mozi è l’insegna di un cinema dismesso in un remotissimo paesino della pianura ungherese, dove i più circolano in bicicletta, e significa semplicemente cinema. Fino al 1975 si proiettavano film non invisi al regime sovietico, ma erano un motivo di evasione. 

Il racconto si dipana in tre tempi: il girovagare a zonzo dell’autrice fino ad arrivare davanti a quell’edificio che ha una storia; la ricostruzione in qualche modo romanzata dell’ex proiezionista Józs; un epilogo amaro ma con qualche barlume di speranza.

È un pretesto, da questa vicenda personale, per riflettere sul cinema, sulle vecchie sale, sulla cura dei programmi, un mondo così lontano dai multisala, per costruire intorno un discorso che si fa personale e corale.

Le curiosità

Astrid Lindgren in breve

La migrazione degli alci in diretta streaming

Il film

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