Il 2024 in poche parole: così così. Non tanto per la quantità di libri – 39, una cifra a mio avviso ragguardevole -, quanto per tutto ciò che mi è capitato tra le mani.
Forse sarà stata una certa stanchezza a non farmi apprezzare e persino annoiare di alcuni titoli. La narrativa è il genere con cui ho avuto una certa difficoltà, pochi i libri che hanno suscitato un certo interesse. Non credo che sia dovuto a un blocco, piuttosto a letture poco stimolanti, probabilmente lontane dal mio attuale modo di relazionarmi con il mondo. Dovrei mettere da parte per un po’ romanzi e racconti, per dedicarmi alla saggistica, graphic novel e letteratura di viaggio, che è il mio genere preferito. Infatti, ho deciso di riformulare il 2025 partendo da qui, senza impormi tragurdi e forzature. Altrimenti mi perdo e mando tutto all’aria.
Per un attimo torniamo allo scorso anno: dunque, i miei libri preferiti.
Il primo pensiero del mattino di Francesca Ekwuyasi (Nuova Editrice Berti) è in un’incursione avvolgente e persino dolorosa nella vita di due sorelle, che per qualche ragione hanno spesso di parlarsi e di una madre che vive con i suoi fantasmi.
Invece, il primo saggio della lista è Donne in viaggio di Lucie Azema (Tlon edizioni) che analizza in modo puntuale il viaggiare secondo la prospettiva femminile. Ricco di spunti, inquadrature, riflessioni. La letteratura di viaggio femminile restituisce autenticità soprattutto nel confronto con l’altri.
Carlo Cassola è per me una certezza, quasi sempre. Come con Storia di Ada (l’ho letto in una vecchia edizione Einaudi, credo che sia disponibile nel Meridiano dedicato all’autore). Contiene due racconti, uno dà il titolo al volune e La maestra. Il suo raggio d’azione è la Toscana.
La corsara di Sandra Petrignani (Neri Pozza): perché c’è tutta la vita di Natalia Ginzburg.
Con Deborah Levy sono partita dall’ultimo libro dell’Autobiografia in movimento, Bene immbobile (NN) e devo dire che mi ha colpita per la lucidità con la quale affronta il ruolo della donna e il rapportarsi con il denaro. Potrebbe essere perpecito come autoreferenziale, in realtà contiene mille sguardi.
Alpi non è un volume dei più riusciuti di The passenger magazine (Ipeborea), soprattutto perché un tema così generico sembra che non venga colto nelle sue tante complessità. Tuttavia l’ho apprezzato anche per questo tentativo.
Una fiaba amara è La porta delle stelle di Ingvild Rishøi (Iperborea): solo attraverso lo sguardo di una bambina poteva essere raccontata una storia così, sospesa tra l’onirico e l’incomprensibile.
Sul podio.
Da tre anni a questa parte Alba de Céspedes è presente. Questa volta con la corposissima raccolta Invito a pranzo (Cliquot), in cui la sua scrittura e i suoi temi sono sempre limpidi, taglianti. Sì, leggete Alba.
Malachy Tallack mi ha presa per mano e mi ha fatto vedere Il grande Nord (Iperborea). È stata una lettura immersiva come i buoni libri di viaggio sanno essere, fatto di cadute e meraviglie.
La città femminista di Leslie Kern (Treccani)? Illuminante. Attraverso una quotidinità concreta si esplica il racconto sfidante di qualsiasi donna e che in qualche modo toccando altre categorie poco considerate, quali bambini, anziani, disabili e minoranze etniche. Le città sono architteture maschili organizzate per loro. La pura verità.
Ancora buon 2025